06 Novembre 2008 - Intervista Esclusiva
"Quantum of Solace"
Intervista esclusiva ai protagonisti e a al regista.
di Andrea Gerolamo D'Addio

Per presentare al meglio il nuovo capitolo di James Bond, Quantum of solace, incontriamo singolarmente, uno dopo l'altro, il regista Marc Forster e buona parte del cast principale ovvero: il nostro Giancarlo Giannini, la bond-girl Olga Kurylenko e, naturalmente, Daniel Craig. Siamo nella camera 126 dell'hotel St Regis, una cornice informale che mette a proprio agio sia noi, gli intervistatori, che i nostri interlocutori, che si lasciano andare (chi più, chi meno) a divagazioni che normalmente le impersonali conferenze stampa non concedono.

Si inizia con Giancarlo Giannini. Alla fine di Casinò Royale non avevamo capito se lei facesse parte dei buoni e dei cattivi. Finalmente questo sequel lo chiarisce...
Giancarlo Giannini: Che io facessi un personaggio non molto individuabile nel primo episodio me ne resi conto pure io. Ed infatti da quando lessi la sceneggiatura la prima volta, fino ai primi giorni di riprese neanche io lo avevo capito. Continuavo a chiedere ai produttori, ma rimandavano sempre la risposta, finché mi stancai e andai a domandarlo direttamente al regista Martin Campbell che mi rispose: "Dipende dal pubblico: se ti giudicherà un buono, sarai anche nel sequel, se verrai percepito come un cattivo, invece, no". Non dipendeva tanto dalla mia recitazione, quanto da come sarebbe stato percepito, inconsciamente, il mio ambiguo personaggio. Finalmente in Quantum of solace viene tutto reso comprensibile, anche se il mio epilogo non è dei più felici.

Com'è stato tornare sul set di una produzione così grande?
Giancarlo Giannini: L'aspetto più appagante di queste produzioni e che quando ti scelgono poi ti trattano in maniera straordinaria. Che tu sia il protagonista, o abbia solo poche battute, tu sei ugualmente importante e meriti tutte le attenzioni possibili.
I suoi Bond preferiti?
Giancarlo Giannini: Tutti quelli con Sean Connery protagonista.

I rapporti con gli altri attori…
Giancarlo Giannini: Siamo diventati come una grande famiglia. C'è molta professionalità, non potrebbe essere altrimenti visto l'importanza della produzione, ma quando poi ci si ritrova in queste situazioni di promozione, a molti giorni, a fine riprese, ci si ritrova come un unico gruppo. Per me oltretutto avere a che fare con una produttrice di sangue italiano come Barbara Broccolo, mi ha subito reso l'atmosfera più familiare.

Lei è il direttore del corso di recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia. Cosa dobbiamo aspettare per vedere un giovane attore italiano interpretare, da protagonista, un action-movie con una produzione così grande alle spalle?
Giancarlo Giannini: Una delle prime cose che ho cercato di cambiare da quando sono entrato nella scuola nazionale di cinema è stata il cercare di far capire che l'attore deve fare il proprio lavoro con leggerezza, senza sforzarsi di interpretare un personaggio. E' il pubblico che recita per loro. Quando sarà capito questo, molte altre porte si apriranno a attori già di per sé bravi che aspettano solo un'occasione.

E' la volta di Olga Kurylenko.
Olga Kurylenko: Il mio personaggio è alla pari con quello di James, è il suo riflesso. È come se fosse lui nel corpo di una donna!.

La sua Bond girl è l'unica a non cadere nelle braccia di 007. Ne è un po' delusa?
Olga Kurylenko: Un po' mi ha dispiaciuto, senza dubbio. Daniel Craig è molto affascinante (ride). Penso però che non avrebbe avuto senso né per il mio personaggio né per quello di 007 unire i loro cuori. Io sono una donna molto risoluta che in quel momento della sua vita ha un solo pensiero in testa che è la vendetta. Lui altrettanto vuole vendicare il suo primo amore. Ha il cuore spezzato ed è triste. Sicuramente si piacciono molto, ma la verità è che non hanno tempo per andare in camera da letto.

Com'è stato lavorare con Mathieu Amalric?
Olga Kurylenko: Che dire se non che Mathieu è uno dei migliori attori in Francia? Mi sono trovata benissimo con lui, è una persona eccellente, un vero genio. Il suo approccio alla recitazione è unico, e forse questo è anche la conseguenza del fatto che non abbia avuto una formazione classica da attore e ora ha il suo modo personale di recitare.

Il suo 007 preferito…
Olga Kurylenko: Casino Royale e non solo perché è il precedente. Lì ho oltretutto trovato una Eva Green eccezionale a cui mi sono molto ispirata per il mio personaggio.

Recentemente l'abbiamo vista in "Hitman". Presto la ritroveremo in "Max Payne". Non ha il timore di essere etichettata una volta come una bondgirl, poi come una videogame-girl, ect ect, ma non trovare mai una sua dimensione di attrice?
Olga Kurylenko: E' stata una pura coincidenza. Hitman è stato il mio primo film in lingua inglese ed è stata un'opportunità che non mi potevo lasciar sfuggire. Dei tanti film realizzati in Francia, pochi sono usciti dai confini, e quando hanno fatto un casting a Parigi per un film internazionale, ci ho provato.. Nella vita, invece, non gioco mai con i videogame, non ne ho proprio il tempo.

Come è stato entrare in questa megaproduzione?
Olga Kurylenko: Ero nervosissima, e alla fine ho dovuto interpretare due ruoli. Quello di Camille, e quello di un'attrice che finge di non essere nervosa.

Come mai non si trasferisce a Los Angeles?
Olga Kurylenko: : Amo troppo la Francia, e in generale, la mentalità degli europei. Ho provato a vivere un anno a NewYork e non sono stato male, ma non mi sentivo a casa. Da 12 anni vivo a Parigi e ancora mi affascina ogni giorno.

E ora Marc Forster, il regista. Le sue scene d'azione fanno molta leva sul montaggio e sulla confusione. Un approccio un po' diverso da molti dei maestri del genere. Come si è approcciato a questo action movie?
Marc Forster: Io non sono un regista di film d'azione. Alla base dei miei film ci sono i personaggi ed in questo caso c'era un James Bond che aveva molto da chiarire a sé stesso. Per dare adrenalina ho cercato di creare disorientamento e sono stato il più vicino possibile a James Bond.

Quali i suoi Bond preferiti?
Marc Forster: Li ho visti tutti, ma Al servizio segreto di sua maestà è il mio preferito. Alla fine di quel film si ritrova la stessa emozione del finale di Casino Royale con un Bond conteso tra perdita e dolore. Il cattivo che ho preferito invece è Dottor No.

Che responsabilità ha sentito nell'entrare nell'universo di 007?
Marc Forster: Da una parte si doveva portare avanti il personaggio, dall'altra non ci si poteva di certo allontanare troppo dai canoni della serie. Ci abbiamo provato.

Quanto ha contribuito l'apporto di Paul Haggis nella sceneggiatura?
Marc Forster: Paul era all'epoca molto impegnato nel montaggio di Nella valle di Elah, ma è intervenuto nello script, cercando di inserire due temi fondamentali: il business del petrolio e quello delle risorse naturali. Era importante poi che M fosse un personaggio più grande, perché è l'unica figura femminile con cui Bond non si pone con un sottotesto legato al fascino e Paul ha inserito delle battute in tal senso fondamentali.

E' vero che Amalric ha preparato il suo cattivo, rifacendosi direttamente a Sarkozy e Blair?
Marc Forster: Quando ci siamo incontrati per parlare del suo personaggio Mathieu mi ha chiesto se avrei dato al suo cattivo una cicatrice, un uncino, qualcosa di molto appariscente. Gli ho risposto che non ci pensavo proprio e volevo i suoi occhi e il suo volto, di essere cattivo dentro, ma non nell'appparenza e così lui mi ha chiesto se avrebbe dovuto fare come Sarkozy e Tony Blair…

Dirigerà un altro film su James Bond ?
Marc Forster: Mi è stato offerto Bond 23, ma ho rifiutato, perché sono interessato a lavorare a film più piccoli.

Last, but not least, Daniel Craig…Nel primo episodio uccideva Cladio Santamaria e lasciava che Caterina Murino fosse assassinata, qui lascia Giannini in un cassonetto. Non sembra che lei ami molto gli italiani…
Daniel Craig: E' vero (ride)! Non mi piacciono per niente!!!

In Quantum of solace, meno gadget e più lotta. Come mai?
Daniel Craig: Il mondo è pieno di gadget, oggetti, stereotipi e aggeggi di ogni tipo. Qui siamo voluti tornare ad una dimensione più umana di 007, ad un livello in cui al di là di tutte le tecnologie, il vero combattimento si fa con i muscoli.

Per la prima volta per 007 siamo di fronte ad un vero sequel del precedente episodio…
Daniel Craig: La ragione fondamentalmente per cui abbiamo realizzato il sequel è stata la storyline così forte di Casino Royale. Sarebbe stato un peccato metterla da parte, dovevamo chiudere questo cerchio. James Bond aveva il cuore spezzato e non si poteva iniziare un nuovo racconto senza tenerne conto.

Sicuramente la pressione avvertita sul set per Casinò Royale, sarà stata minore per questo secondo episodio, dati i buoni risultati del suo primo James Bond. Com'è stato tornare in queste vesti?
Daniel Craig: Nei primi giorni ho avuto una sensazione di relax, ero rilassato. Poi però quando vai a fare un film come questo ti si presentano una serie di problemi, nulla di grave, ma comunque situazioni che vanno risolte. Ed è stato proprio in questi casi che mi sono reso conto di quanto entusiasmo ci stessi mettendo. Non me l'aspettavo affatto. Avevamo un fantastico regista e mi sono fidato totalmente di lui.

Dell'eleganza di James Bond, quanto si porta dietro?
Daniel Craig: Mi piaceva l'eleganza, questo modo di porsi e la postura. In Casino Royale, il personaggio era più simile ad un militare appena uscito dal campo di battaglia. In "Quantum" sembra più simile ad un civile. Ho cercato intenzionalmente di apparire più largo di spalle e abbiamo avuto la fortuna di lavorare con Tom Ford, che ci ha disegnato tutti gli abiti.

Se James Bond incontrasse Jason Bourne in una stanza senza finestre per combattere all'ultimo sangue, chi la spunterebbe?
Daniel Craig: Probabilmente 007 non farebbe a cazzotti, ma manderebbe un altro al posto suo e scommetterebbe sul vincitore.


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