30 gennaio 2002 - Conferenza stampa
Luciano Ligabue
Intervista al regista di "Da zeroa a dieci"
di Valeria Chiari
È tornato sui suoi passi, nonostante all'uscita del suo lungometraggio d'esordio aveva affermato categoricamente che non avrebbe fatto altri film. Luciano Ligabue invece si contraddice: il vizio del cinema ha colpito anche lui e lo ha spinto a tornare dietro la macchina da presa per dirigere "Dazeroadieci", storia di un gruppo di 35/40enni che decidono di concludere degnamente un week-ed a Rimini, interrotto bruscamente vent'anni prima.
Quanto c'è di autobiografico in "Dazeroadieci"?
Ci sono solo alcuni spunti che mi appartengono: un week-end con gli amici mai realizzato e un viaggio in macchina a Rimini, in un giorno di licenza, lo stesso dell'attentato alla stazione di Bologna. Ma niente di più.
E per i suoi personaggi, qualcuno più reale degli altri?
No, nessuno. Riferimenti a persone conosciute certo, ma non in maniera specifica.
Quando uscì Radiofreccia aveva affermato che non avrebbe fatto nessun altro film. Eccoci invece a parlare di "Dazeroadieci". Vuol dire che la musica non le basta più?
Nonostante le mie contraddizioni sono profondamente convinto che si dovrebbe fare bene una sola cosa. La musica per me resta un punto fermo, uno strumento di espressione bellissimo. Lo spazio limitato della canzone, gli obblighi di una metrica tutta particolare, sono cose che a volte mi vanno strette e sento il bisogno di allargare l'orizzonte espressivo. Ed ecco perché un libro di racconti (Fuori e dentro il borgo, ndr) e due film.
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