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01 Febbraio 2006 - Conferenza Stampa
"La cura del gorilla"
Intervista a Claudio Bisio, Stefania Rocca, Ernest Borgnine.
di Federico Raponi
Tratto dall'omonimo romanzo di Sandrone Dazieri, esce venerdì nelle sale in 150 copie "la cura del gorilla", per la Coloradofilm e l'esordio alla regia cinematografica di Carlo A. Sigon, interpretato da Claudio Bisio, Stefania Rocca, Bebo Storti ed un pezzo di storia di Hollywood: Ernest Borgnine. Tutti presenti, tranne Storti impegnato a teatro, alla conferenza stampa di presentazione. Il progetto nasce da Bisio, che aveva letto il libro.
Da cosa è rimasto colpito?
"Sono sette anni che non facevo un film. Un po' mi è mancato. Mi piace il cinema, e sono sempre in cerca. Ma non è facile, è più facile sbagliare, ci sono tanti film e poi bisogna convincere la gente ad andare a vederli. Per fortuna abbiamo rifuggito le furbate del copiare personaggi televisivi, gli specifici vanno difesi, il cinema racconta storie. Era un periodo in cui leggevo "noir" che mi suggeriva il mio piccolo libraio di fiducia (odio i grandi "store", con commessi che non conoscono ciò che vendono). Il libro è ambientato a Milano, città che conosco molto bene, con un oriundo come me. Perciò mi apparteneva molto. Poi ho un passato politico nei centri sociali come Sandrone. In più c' è il tema della doppiezza, che per un attore è una sfida, e dopo tanti anni di assenza dal cinema avevo la possibilità di due ruoli in uno".
A proposito dei temi?
"La visione anche fascista contro gli albanesi - dice il regista - alla fine viene sconfitta"."C' è pure l' aspetto della solidarietà, dell' aiutare gli immigrati ad integrarsi, a stare meglio", aggiunge la Rocca. "Anche nella realtà - spiega Dazieri - alcuni brutti episodi sono legati alla Chiesa. Questo non perché io sia particolarmente anticlericale, pur ateo e di sinistra. Volevo svelare un po' di ipocrisia. Quando avvengono fatti di cronaca, si scarica subito la colpa sugli albanesi. Non che tali fatti non avvengano, ma la maggior parte degli immigrati lavora e manda avanti la nostra economia". Continua Dazieri: "La riflessione sulla generazione politica degli anni '80 sottende tutta la mia opera. Vengo da una militanza decennale nei centri sociali, ho fatto le lotte contro il nucleare. Con la mia dose di botte, denunce, galera. E' un percorso che rivendico tutto e che rifarei. Ma a 40 anni faccio una riflessione. Ad esempio, sulla pace nel mondo, la liberalizzazione delle droghe, il diritto alla casa le cose sono peggiorate. Nel film ci sono tre personaggi provenienti dal "movimento". Uno è un poliziotto democratico. Per un nato al sud diventare poliziotto era una scelta politica, quando dall' altra parte c' era la malavita organizzata. Luke invece è quello che io non sono più, rimasto duro e puro. Anche con lui mi devo confrontare. Io mi identifico col Gorilla. Credo che dialogare si possa, quando si hanno scopi comuni".
Cosa ha comportato la trasposizione sullo schermo?
"Sono pochi i cambiamenti dal romanzo", osserva Bisio. "Riproporre i bigliettini (quando una personalità di Gorilla sta per lasciare il posto all' altra, le lascia appunti scritti, ndr) sarebbe stato noiosissimo. Poi c' è un' invenzione, cioè il momento dell' interazione allo specchio. E nel libro la divisione è più manichea". "Nel film - prosegue Dazieri - c'è una congiunzione di intelligenze e sensibilità a differenza del libro, che scrivi da solo. Qui interagisci con una squadra".
Qual' è il cinema di riferimento?
"Lo abbiamo definito "spaghetti noir", scherza il regista. "I buoni - continua Sigon - fanno parte di categorie ai margini, il cattivo proviene dalla parte "buona" della società. L' ironia pervade tutto il film, ci sono citazioni e omaggi allo spaghetti western. Anche lo sdoppiamento è trattato con ironia, facciamo tutti un po' i conti con i compromessi: io nello specifico vengo da dieci anni di pubblicità e cortometraggi".
Ci sono altre novità per la ColoradoFilm?
"il risultato di "quo vadis baby" è stato incoraggiante", afferma il produttore Maurizio Totti. "D' altronde il cinema italiano era buono anche quando faceva film di genere, non solo d' autore. Ora abbiamo un piccolo progetto: "un gioco da ragazzi" di Andrea Cotti. Come ColoradoNoir usciamo con 6-7 libri l' anno. Sono storie che abbiamo nel cassetto, speriamo di farne film".
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