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17 Novembre 2005 - Conferenza stampa
"Il sole"
Intervista al regista Aleksandr Sokurov.
di Mauro Corso
Il cinema di Sokurov forse non potrà piacere a tutti, e questo è più che comprensibile. Ma quando ci si trova a discorrere con lui di cinema e di storia, si capisce immediatamente che Sokurov non è un regista come gli altri. Si tratta di una persona di una levatura culturale ed umana come raramente capita di incontrare nel mondo del cinema. E con un ampiezza di prospettiva che non può che impressionare. Ma credo che il contenuto di questo incontro con la stampa parli da solo.
Nei suoi film è possibile notare un grande coraggio nella riflessione sul potere, specialmente in un momento storico in cui il potere non vuole che si rifletta su di lui. Perché questa sfida?
Aleksandr Sokurov: Io so benissimo di non essere perfetto, e so che ogni mio film ha delle imperfezioni. Forse per questo è nata la tetralogia, nella speranza che da un film all'altro io possa liberarmi dalle imperfezioni. Questo riguarda non solo il lato formale ma anche il lato contenuto. Io ovviamente ne rispondo al 100 per cento, e comprendo che non sono film del tutto perfetti. Ogni volta ci sono problemi tecnici o di documentazione irrisolvibili e ovviamente problemi finanziari. Se si ha il proposito di realizzare un'opera artistica, non si può avere il proposito di smascherare qualcuno, ma comunque di trasmettere un messaggio positivo. Anche in Shakespeare, ogni personaggio anche malvagio, ha un intensa vita spirituale. Ogni autore ha il compito di comprendere a fondo il proprio personaggio.
Che ci può dire a proposito della fascinazione per il digitale? E che tipo di luce viene usata nel Sole?
Aleksandr Sokurov: Se vi capitasse di visitare i miei set, sareste sorpresi dalla quantità dell'attrezzatura presente. Nello spazio di 40 metri quadri, cioè di un normale teatro di posa, c'erano fino a sessanta attrezzi solo per l'illuminazione, dai più grandi fino ai più piccoli per illuminare i dettagli più minuti, magari solo per rendere trasparenti le orecchie dei personaggi. Poi spesso mi sono trovato ad usare strumenti ottici realizzati appositamente o superfici riflettenti. Fortunatamente abbiamo lavorato con attori giapponesi che hanno dimostrato granze pazienza e sensibilità, e che a volte hanno aspettato delle ore perché noi riuscissimo a trovare la luce della qualità che volevamo ottenere. A volte basta un semplice movimento di macchina per cambiare istantaneamente la resa sullo schermo. Ci siamo trovati a dovere risolvere un problema irrisolvibile dal punto di vista teorico, un vero e proprio problema fisico. L'immagine riflessa non è paragonabile all'immagine reale, e quindi abbiamo dovuto studiare un modo per adeguarla. Abbiamo dovuto rivoluzionare le leggi della fisica! Questo per ottenere un particolare effetto visivo che non saprei descrivere a parole in modo adeguato. Noi possiamo studiare solo dal punto di vista pittorico. Dove un pittore realizzerebbe un quadro nuovo di fronte ai movimenti del personaggio, noi ci troviamo in un arte visiva in movimento. Come mantenere la qualità pittorica dell'immagine quando in un secondo abbiamo 25 quadri? Che poi diventano centinaia, migliaia, milioni! È una prospettiva spaventosa per chi si trovi davanti all'idea di realizzare un film. Naturalmente non tutti si pongono questo problema, è un lavoro molto duro.
La fotografia in particolare è straordinaria...
Aleksandr Sokurov: Questo è molto importante per me, perché in questo film sono il direttore della fotografia. Mi sono reso conto di non poter spiegare in modo adeguato cosa volevo esattamente, e non sono riuscito a trovare qualcuno che riuscisse a lavoro costantemente nel modo in cui io intendo. In Russia non c'è nessuno in grado di farlo. Non so in Europa, ma in ogni caso costerebbero troppo.
Ma la Russia ha una grande tradizione cinematografica...
Aleksandr Sokurov: Paradossalmente non adesso. Durante il periodo sovietico ci sono stati dei risultati straordinari.
A questo proposito cosa ne pensa della riedizione di Soy Cuba di Mikhail Kalatozishvili?
Aleksandr Sokurov: Per me Soy Cuba vuol dire la fotografia di Sergej Urusevskij. E con questo ho detto tutto. È una figura di portata enorme. È il suo lavoro professionale è così importante che non c'è nulla da aggiungere. Un giorno la storia della rivoluzione di Cuba cesserà di essere di attualità e smetterà di essere politica. Ci saranno altre esigenze, si dissolverà nella vita e si smetterà di parlare di rivoluzione. Quando Ejzenstein faceva dei film sulla rivoluzione, commetteva degli errori perché non mostrava la verità, ma come avrebbe voluto che fosse le verità. Noi sappiamo che in Russia la rivoluzione si è trasformata in un terrore di massa. Come durante la rivoluzione francese, ma in Russia sono periti tra i 25 ed i 28 milioni di persone. Difficile immaginare eventi così distruttivi. Ejzenstein ha nascosto questa realtà, ed in futuro sarà giudicato in modo molto severo per questo. Certo, lui credeva negli ideali che portava sullo schermo, ma le persone che commettevano quei crimini probabilmente no. Ejzenstein era diventato ostaggio del proprio tempo. Difficile immaginare quali opere straordinarie avrebbe realizzato se non fosse entrato in quel tipo di sistema. Era mortalmente ferito dall'idea della costruzione di una nuova società. Come Solzhenicyn, che esordisce con opere molto importanti ma poi si vede costretto a lottare apertamente con il potere sovietico creando opere letterarie che sfidano il potere, ma lasciando da parte la letteratura vera e propria. E la lotta al potere politico gli è costata 20-25 anni della sua vita. E poi giunto alla vecchiaia non può più scrivere. L'arte diventa orfana quando persone così grandi non si dedicano più all'arte. Così è la vita.
Prima ha fatto un riferimento a Shakespeare. Nei suoi personaggi sembra vedere un profilo shakespeariano proprio nel loro rapporto con il potere. Come sviluppa i suoi personaggi?
Aleksandr Sokurov: Difficile rispondere. Quando penso a Shakespeare penso a un epoca in cui l'uomo era adeguato al proprio tempo. Un uomo reale scriveva o parlava e progettava magari una guerra contro la Spagna. Faceva la sua guerra, si annoiava oppure perdeva e se ne tornava a casa. L'uomo contemporaneo spesso non sa perché inizia una guerra. Gli storici ancora studiano le ragioni della prima guerra mondiale, anche perché è noto che il Kaiser abbia cercato di fermare le forze che avrebbero condotto al conflitto. Aveva capito che era una sciocchezza. Ma del resto le famiglie europee erano tutte imparentate tra loro. L'imperatrice era cugina di un familiare del Kaiser, e la corte russa era imparentata con la corte inglese. Ora non esiste un uomo che non possa prendere decisioni senza commettere errori. E' più il problema è globale più è facile commettere errori. La società contemporanea probabilmente non è riuscita a risolvere questioni che erano state sollevate già nel '700. E la quantità di questioni irrisolte è così numerosa che ormai si sono ingarbugliate inestricabilmente. Molti musulmani sostengono che la difficoltà tra mondo orientale e occidentale abbia inizio con le prime crociate. Così come la complessità dei rapporti tra mondo arabo ed ebraico: non è risolvibile. Così io cerco di pensare ai miei personaggi non come dei, ma come a uomini concreti. Per un certo tempo sono stato amico di Elsin, e ho potuto osservare il tipo di decisioni che doveva prendere, e talvolta ho anche cercato di dissuaderlo dal prendere certe decisioni. Nel mio piccolo, si intende. E mi sono reso conto di quanto sia importante il carattere dell'uomo. Se nella storia ci fossero stati più personaggi femminili, forse le cose sarebbero state diverse. Perché il problema più grande di un uomo è il suo carattere. La donna fa nascere la vita e per questo deve sapere reagire ad ogni circostanza in modo diverso. Spesso si possono incontrare due uomini simili, ma difficilmente ci sono due donne simili. Quindi se mi occupo di personaggi maschili, mi interessa in primo luogo il carattere. E più un uomo è noto per i suoi errori, più mi interessa. Molti uomini si ritengono più grandi, più sapienti, e allora perché commettono errori così enormi? Ogni volta abbiamo dei vicoli ciechi, in fondo si tratta di una storia di vicoli ciechi. Così è la storia fatta dagli uomini: un vicolo cieco. Come può succedere che il potere venga conferito a uomini da tratti caratteriali così ridotti? Il potere si concentra nelle mani di uomini poco accorti ed infelici. Perché la gente non si accorge di dare il potere ad uomini infelici? Hitler si affogava nei suoi complessi. Lenin aveva una formazione non riuscita, la sua carriera era iniziata in maniera disastrosa, così come l'attività rivoluzionaria, aveva problemi in famiglia ed anche il suo matrimonio è stato un disastro. E non ha avuto paura di assumere il potere. Ed è noto che era impreparato a questo. Coloro che erano nella cerchia di Hitler sapevano benissimo dei suoi complessi.
Forse Sokurov non ha raccontato la sua visione di Hiro Hito in questa breve intervista, ma di certo ha reso più chiara la sua idea del potere, e soprattutto degli uomini di potere, in una idea della storia e dell'uomo che però non può che risultare profondamente pessimista e priva di fiducia nella natura umana. In definitiva le dittature del XX secolo non sono che la negazione di ogni idea umanitaria, proprio per il fallimento dell'uomo (e si potrebbe dire del maschio) nell'affrontare se stesso.
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