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Il sole
"Io non faccio film sui dittatori, ma faccio film su coloro che hanno mostrato una personalità eccezionale rispetto a tutti gli altri. Essi apparivano come coloro in grado di avere il potere decisionale. Ma la fragilità umana e la passione influenzarono le loro azioni più che la loro condizione e le circostanze. Le qualità umane e il carattere sono più importanti di qualsiasi circostanza storica" così ha affermato Alexander Sokurov, il regista russo di "Il sole", terzo capitolo di una sua personale trilogia legata alle descrizioni di grandi personaggi dell'inizio del ventesimo secolo. Il suo nuovo film, incentrato sulla figura dell'imperatore giapponese Hirohito, segue infatti i precedenti lavori su Hitler ("Moloch") e Lenin ("Taurus").
Agosto 1945. Il Giappone è ormai devastato dalla guerra che ormai lo decreta sconfitto. L'imperatore Hirohito nella sua casa bunker assiste inerme al declino della propria nazione, mentre le forze occidentali avanzano sul territorio nipponico. Le giornate sono scandite dalle piccole esigenze domestiche e le uniche distrazioni alle intense ore di riflessione sono dei brevi dialoghi con la servitù. Quando il Generale americano Douglas MacArthur lo invita ad un colloquio per stabilire i termini della resa, Hirohito si rende più che disponibile a trattare qualsiasi richiesta. La sua resa garantirà sia la sua esenzione dall'appellativo di "criminale di guerra" che la resa di migliaia di giapponesi pronti sennò a fare harakiri in nome del loro imperatore/divinità.
Avvertenze per chiunque desideri recarsi a vedere "Il sole":
1-Fare un lungo ripasso di storia moderna giapponese, con particolare attenzione alla seconda guerra mondiale
2-Portarsi una dosa massiccia di caffè e bicchierini di plastica
3-Mettere in preventivo che il film potrà essere tanto interessante quanto noioso per altri.
Sokurov non è certo un regista "per tutti"; il suo è un cinema ricercato che nella catalogazione di "film d'essai" trova la sua giusta collocazione. I primi 50 minuti assistiamo alla solitudine e impotenza di Hirohito. E' lui il sole del titolo, è lui che cambierà il destino della propria nazione dopo averla condotta sulla strada della guerra e della sconfitta. Sokurov costruisce per ben 50 minuti l'attesa dell'incontro col generale MacArthur mettendo in evidenza i silenzi e le "non-azioni" dell'imperatore. Ci si sofferma sul lato umano di Hirohito, su quei momenti che portarono ad una svolta storica, ovvero la resa della nazione e la rinuncia dello stato di divinità da parte di Hirohito. Peccato però che Sokurov dia tutto per scontato: dalla conoscenza storica dello spettatore sui fatti del passato, a ciò che Hirohito continua a fare proprio durante la narrazione, nelle vesti di imperatore quando esce di casa (non ci viene mostrata la sua dichiarazione di resa al popolo, né gli esiti del suo colloquio con MacArthur). Questo continuo insistere sull'intimità dell'imperatore, a scapito di una visione più ampia e descrittiva della situazione generale, finisce per ritorcersi contro i sopraccitati intenti del regista, ed invece di scoprire un grande uomo (riconosciuto oggigiorno simbolo del Giappone moderno e dell'unità del popolo) alle prese con la storia, si rischia di trovare una persona inspiegabilmente tramandata come eroe.
La frase: "A levante e a ponente il mondo aspetta che passi la tempesta".
Andrea D'Addio
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