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03 maggio 2001 - Conferenza stampa
Ermanno Olmi
Intervista con il regista de "Il mestiere delle armi"
di Valeria Chiari
Dopo sei lunghi anni di lontananza dal cinema, Ermanno Olmi torna con un film storico, che come ammette lui stesso, racconta del mestiere delle armi ma che allude in realtà al mestiere di vivere e ovviamente a quello di morire. Sorride con amabilità e risponde con la stessa calma e ponderatezza del suo Giovanni de' Medici.
Cosa l'ha spinta a voler raccontare la storia di Giovanni?
Giovanni dalle Bande Nere era un figura considerata feroce alla sua epoca: spesso questo accade a causa della specificità di un mestiere, in questo caso quello delle armi, che si vuole crudele e spietato. Potrebbe essere indubbiamente il caso di Giovanni che però crescendo nel suo grado militare arriva a modificare e a far crescere anche i suoi valori umani, diventando un personaggio con un forte senso dell'onore, e non solo rispetto alla sua professione di soldato ma anche nei confronti della sua famiglia. Non è mai un eroe ambiguo, anzi è un vero eroe perché è grande.
Lei sembra innamorato di questo guerriero.
Si, mi piace molto infatti perché è un uomo che muore come è vissuto, affronta la morte allo stesso modo in cui affronta la guerra e nello stesso modo in cui comandava le sue truppe: non perché aveva il grado per farlo, ma perché ne aveva l'autorevolezza. Intuisce che con la morte non deve farsi grande, ma al contrario più piccolo, per essere alla pari. Non si può affrontare la morte con arroganza bisogna riuscire sempre a mostrare a se stessi e agli altri di sapere fare i conti da solo. Chi è passato vicino a questa esperienza capisce cosa significa.
Ha pensato a lungo a questa storia prima di realizzarla?
Non precostituisco mai un argomento preciso per un film. Al contrario cerco di dimenticarmi il più possibile di me stesso, mi libero di tutto ciò che è precostituito, perché potrebbe diventare un limite. In questo modo può capitare che un frammento di qualcosa, un idea, un immagine, un pensiero, assuma lentamente un determinato aspetto attirando a sé altri frammenti fino a formare una specie di grumo dal quale alla fine l'idea prende forma. Anche questo film è nato così.
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