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26 OTTOBRE 2004 - Conferenza stampa
SEPTEMBER TAPES
Intervista a Christian Johnston
di Renato Massaccesi
Pensi che la mobilitazione di artisti, registi, cantanti ecc. possa cambiare lo stato delle cose?
Se si agisce come indipendenti io non ne sono così sicuro. Anche il lavoro che sta facendo Sean Penn per cercare di mettere in luce cose che non sono state dette è considerato dal pubblico quasi un eresia. È da matti. Il fatto è che non si riesce mai ad arrivare alle persone giuste. Se le persone sono della tua stessa indicazione politica allora diranno: quello che stanno facendo per la verità è grande. Ma la maggior parte delle persone in America pensa che Michael Moore qualsiasi cosa faccia sia un terrorista. Eppure sono proprio queste le persone a cui noi dobbiamo arrivare. Anche per persone vicine alla mia famiglia o della mia famiglia Michael Moore è un terrorista. E non ascolteranno mai le sue ragioni. Se però dici che il film è una fiction e che parla del fatto che il governo non abbia voluto catturare Osama e del perché io dovrei sottostare a questo governo che ha mentito, allora è come se si desse un messaggio su cui si può instaurare una conversazione. Quindi il modo migliore per qualsiasi regista è addolcire il messaggio, perché si possa arrivare a delle persone che hanno bisogno di cambiare. La cosa più utile che Michael Moore avrebbe potuto fare per il suo "Farenheit 9/11", è che non avrebbe dovuto metterci il suo nome, di modo che molte persone anche repubblicani, l'avrebbero visto e forse questo avrebbe potuto cambiare il corso delle prossime elezioni.
Ci sono stati momenti in cui hai avuto veramente paura, girando il film in Afghanistan?
Ho Molto rispetto per i giornalisti europei che lavorano in Afghanistan, perché c'è da diventare pazzi a stare tutto il giorno tra razzi, proiettili e tutto il resto. Noi eravamo cinque americani fuori Kabul e potevamo essere circondati da cento o duecento persone, per cui eravamo veramente spaventati, specialmente i primi giorni. C'era molta violenza che si nascondeva e tutto poteva capitare all'improvviso. Stavamo molto attenti a quello che non conoscevamo, perché in un minuto qualsiasi cosa poteva accadere. I giornalisti ogni giorno rischiano la vita per commentare quello che succede, ed è anche per questo che abbiamo fatto questo film: per far capire questo senso di paura imminente che abbiamo vissuto anche noi sulla nostra pelle.
Qual è per te il più bel film di guerra mai realizzato?
Io sono un gran fan di Stanley Kubrick, per cui direi "Full Metal jacket". Ma in quel periodo c'erano molti film interessanti. Una delle cose che mi ha spinto a realizzare questo film è stato il fatto che mio padre è stato soldato nella guerra del Vietnam ed è stato pluridecorato, inoltre è stato anche capo della polizia nella scuola di Columbine. Per mio padre è stato tutto così reale e per me fare un film "reale" mi ha dato la possibilità di colpire la gente e di avere da loro qualche reazione. Anche "Salvate il soldato Ryan" è un buonissimo film, molto credibile. "Apocalypse now" di Francis Ford Coppola doveva essere girato in Vietnam durante il conflitto, ma i suoi amici lo hanno dissuaso ad andarci perché era troppo pericoloso. Rimane, comunque, un bellissimo film benché non girato sul posto ma nelle Filippine.
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