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"IL PRANZO DI NATALE"
siamo andati a vederlo, in anteprima, per voi.
Resoconto della nostra inviata Valeria Chiari |
IL PRANZO DI NATALE
(giovedì 30 Ottobre 2000)
Il Natale dovrebbe essere un momento di serenità e di gioia, invece spesso sottolinea ansie e preoccupazioni, e alla fine proprio nel giorno in cui ci si dovrebbe riunire a tavola, davanti al tacchino farcito senza pensieri ma solo sorrisi, ci si ritrova soli, chi per caso, chi per necessità, chi invece per scelta.
Con la canzone "Jingle Bells", ad un volume esageratamente alto, Danièle Thompson, affermata autrice francese e al suo primo film come regista, racconta la storia di una strana famiglia, spezzettata, divisa da segreti, tradimenti, bugie e sentimenti nascosti.
Le tre figlie di Yvette e Stanislas, Louba, Sonia e Mila vivono il loro ennesimo Natale rivelando i timori per quello che la vita sembra non aver voluto dar loro e le angosce per quello che sembra volergli togliere. Louba che canta in un ristorante russo, allietando il suo pubblico, mettendo da parte in quei momenti i pensieri per la sua relazione di dodici anni, senza orizzonte, con un uomo sposato, Gilbert, dal quale adesso a 42 anni aspetta un figlio.
Sonia che ad ogni Natale prepara il cenone, più vicino ad un opera teatrale, con la speranza di dimenticare per un pò, la sua vita di donna sposata e tradita, e dell'infrangersi dell'immagine perfetta che lei stessa vorrebbe dare di sè e della sua famiglia.
Mila, la più giovane, tutta dedita al lavoro, che detesta il Natale perché in quei giorni la sua vita le appare ancor più triste, desolante e solitaria.
Poi c'è Yvette divorziata da anni da Stanislas che non ha più voluto vedere; si incontreranno proprio la vigilia di Natale, in un bistrot, parlando dei loro tradimenti.
Il finale è felice, o più esattamente dolce-amaro. Una felicità mitigata dalla vita stessa, che non regala mai veramente grandi gioie. Il film, come ogni film francese che si rispetti, gira attorno esclusivamente alla storia, e agli attori; in questo caso la storia è banale e troppo spesso scontata, mentre gli attori, seppur bravissimi restano un pò sottotono. Sebbene Claude Rich assuma spesso mimiche facciali più vicine al teatro del Grand Guignol e le labbra di Emmanuelle Béart dominino incontrastate sul suo splendido viso, il risultato è una commedia gradevole, divertente quel tanto da non far uscire dal cinema tristi e con gli occhi rossi.
Valeria Chiari
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