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"PLACIDO RIZZOTTO"
siamo andati a vederlo, in anteprima, per voi.
Resoconto del nostro inviato DAS |
Placido Rizzotto
(12 Ottobre 2000)
Questo è un bel film
Pasquale Scimeca, regista siciliano, porta sugli schermi un film forte e vigoroso che narra della vita (breve) di Placido Rizzotto, giovane sindacalista di Corleone, trucidato dalla mafia per la sua attività a favore dell'occupazione dei latifondi da parte dei contadini.
Volutamente decontestualizzato (illuminante una frase di Vittorini che si legge all'inizio nella quale si dice che la storia narrata si sarebbe potuta raccontare anche in qualsiasi altra parte del mondo), il film è ambientato in una Sicilia ventosa e piena di nuvole, fotografata come un paese andino e le belle musiche degli Agricantus, piene di contaminazioni, contribuiscono ad universalizzare la storia ed i personaggi.
La narrazione però si attiene alla cronaca dei fatti anche se non disdegna qualche puntata nella poesia pura. Scimeca, infatti, disegna il protagonista come un martire proto-cristiano ("E' morto a 33 anni - ci dice nel dibattito dopo il film - proprio come Gesù Cristo).
Ottima la scelta degli attori tra i quali solo Marcello Mazzarella (Placido Rizzotto) e Gioia Spaziani (Lia, la fidanzata di Placido) lo fanno per mestiere. Gli altri sono tutti attori non professionisti. Fra questi primeggiano Vincenzo Albanese che interpreta con durezza e mistero un giovane Luciano Liggio e soprattutto Carmelo Di Mazzarelli (già nel film Lamerica di Amelio) nei panni del padre di Placido. Lo ritroviamo in tre vesti differenti: quando era anche lui mafioso con il giovane Placido che assiste al suo arresto; dopo la scomparsa del figlio, attivo e coraggioso nel coadiuvare gli inquirenti nelle indagini, ed infine nel ruolo del cantastorie che canta, appunto, le gesta del figlio in piazza, consegnandolo così all'empireo degli eroi popolari.
Altra caratteristica peculiare del film è data dai visi degli attori e delle comparse. Facce che rivelano una storia antica fatta di fatica e vessazioni. Facce che anche grazie alla gestualità tipica degli uomini del Sud integrano ed esplicano un linguaggio siciliano a volte di non immediata comprensione.
In ultimo, ci piace ricordare la scena finale del film in cui un giovane Carlo Dalla Chiesa - che condusse le indagini come capitano dei Carabinieri di Corleone - ed un altrettanto giovane Pio La Torre, si stringono la mano congratulandosi per la felice conclusione dell'indagine che portò agli arresti dei colpevoli. La loro assoluzione per insufficienza di prove, al conseguente processo, sembra essere un oscuro presagio della tragica sorte che attenderà i due qualche anno più tardi.
Un grido: Placido Rizzotto durante un'assemblea della Camera del Lavoro di Corleone " I nostri nemici non sono i padroni, ma noi stessi. Non si nasce schiavi o padroni, lo si diventa !"
Indicazioni:Consigliato a chi gradisce i film di denuncia ma con qualcosa in più della semplice cronaca.
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