Saw V
Dunque, dopo il classico shockante incipit che questa volta racchiude una bella citazione da "Il pozzo e il pendolo" di Edgar Allan Poe, ritroviamo l’investigatore Mark Hoffman (Costas Mandylor), apparentemente ultima persona che porta avanti l’eredità del perverso enigmista Jigsaw (Tobin Bell), impegnato a difendere il suo segreto eliminando tutte le questioni rimaste in sospeso.
Gli sceneggiatori sono gli stessi Marcus Dunstan e Patrick Melton già autori dello script del quarto episodio, mentre Darren Lynn Bousman, che aveva diretto i tre sequel del capostipite firmato nel 2004 da James Wan, viene rimpiazzato dal suo scenografo David Hackl, il quale, come era successo negli ultimi due tasselli della serie, si trova a dover gestire un complicato intreccio tra il poliziesco e il thriller a tinte splatter costruito sul continuo alternarsi di presente e passato.
Infatti, nel millennio in cui la continuità seriale cinematografica sembra essere basata sempre più sul restyling delle icone di celluloide e su esempi classificabili come pseudo-remake, la saga incentrata su quello che Luke Thomson del L.A. Weekly ha giustamente definito il migliore e più realistico antieroe horror dai tempi dell’Hannibal Lecter di Anthony Hopkins, ha intrapreso in maniera furba, ma anche intelligente, una strada del tutto alternativa.
Una strada che, dinanzi all’impossibile resurrezione dell’eliminato "mostro" protagonista, trova ingegnosamente il modo di proseguire il racconto soltanto scavando nella sua mente e nei suoi macabri trascorsi, lasciando emergere in maniera progressiva dettagli ed aspetti nascosti capaci sicuramente di catturare sia l’interesse del fan che quello del comune spettatore coinvolto dalla narrazione.
Aspetti che finiscono comunque per delineare sullo schermo l’evoluzione di un personaggio in realtà già morto e sepolto, mentre viene tirata di nuovo in ballo la figura dell’agente dell’FBI Strahm (Scott Patterson) e lo sguardo della macchina da presa risulta rivolto principalmente a far luce sui retroscena alla base della costruzione del sanguinolento enigmismo che attraversa l’intera serie.
E, al di là degli inutili elogi agli effetti speciali di trucco, ciò che ne viene fuori è un sequel non distante nel look generale da tanti prodotti straight to video, ma ben ritmato e leggermente superiore rispetto al guardabile capitolo precedente.
Con le immancabili sequenze di violenza distribuite a dovere tanto da non apparire gratuite ed indizi disseminati in attesa di una probabile sesta puntata, ricordando, però, di riguardare le prime quattro per meglio comprendere quanto raccontato da Hackl.

La frase: "Voglio essere il primo a dirvi che l’Enigmista non commetterà più omicidi".

Francesco Lomuscio

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