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Resolution 819
Ancora eco e denuncia del più grande – e annunciato - massacro avvenuto in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante la "Resolution 819" dell’ONU garantisse protezione alla popolazione musulmana di Srebrenica, il film descrive la "pulizia etnica" operata l’11 luglio 1995, quando - dopo la benedizione dei "pope" ortodossi - l’esercito serbo guidato dal generale Ratko Mladic bombardò la città sotto gli sguardi impotenti dei soldati olandesi del contingente UNPROFOR. I quali, non avendo dal Consiglio di Sicurezza mandato di agire, consegnarono alle truppe attaccanti i propri armamenti e in seguito – ma questo non viene mostrato - per un assurdo tragico e vergognoso ricevettero dal loro ministro della difesa, con l'appoggio della Commissione Europea, la medaglia d’onore al coraggio. Mladic e i suoi diedero quindi il via a razzìe, stupri e deportazioni, con fotografie a immortalare le "imprese" compiute e brindisi di festeggiamento. In 4 giorni, 8mila civili tra i 7 e i 77 anni furono uccisi e sepolti in fosse comuni; in seguito all’avvio delle indagini per crimini di guerra, al fine di impedire riconoscimenti quei resti vennero rimossi, fatti a pezzi e sparpagliati in altre fosse. Così, solo la metà delle vittime sono state identificate.
Il regista Giacomo Battiato (ha scritto due romanzi, messo in scena opere liriche, scritto e diretto film per cinema e televisione) si pone nell’ottica dell’inviato del Tribunale Penale Internazionale che, insieme a specialisti - molti volontari - provenienti da diversi paesi, superando omertà, intimidazioni e mine, per 6 anni ha raccolto testimonianze, individuato i luoghi di sepoltura, seguìto gli arresti dei responsabili. Il lodevole coraggio civile di Battiato ha comunque la mano leggera verso le responsabilità del resto del mondo dettate da interessi e relativi equilibri diplomatici (e che puntualmente si ripetono, dal Nazismo al Rwanda) e, pur nell’ambito di una coproduzione europea, cronaca e qualità da fiction TV sostituiscono il respiro cinematografico. Più impegno che arte.
La frase: "Tipico criminale di guerra, di quelli che muoiono di vecchiaia".
Federico Raponi
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