Qualche nuvola
La famiglia, l’amore, il tradimento. Cinzia e Diego, dieci anni di fidanzamento, una casa da occupare, un matrimonio alle porte. Due ragazzi della borgata romana, senza impiego ma carica di mille aspettative lei, operaio edile, umile e con idee ben realistiche lui.
Poi l’incontro con una ragazza dall’aria esotica, una ventata d’aria fresca nella routine sistematica che avvolge la vita di Diego, una tinta vivacissima nel chiaroscuro giornaliero che si aggiunge ai tipici dubbi esistenziali di accompagnamento a quell’idea terrorizzante di votarsi ad un’unica persona. La solida relazione non tarda ad essere incrinata dall’ingenuità frizzante di Viola, con una cascata di ricci vaporosi dal sapore alto borghese. Due binari separati che corrono paralleli fino all’inevitabile e prevedibile collisione.
Opera prima di Saverio di Biagio, "Qualche nuvola" è una storia reale e troppo inflazionata, erede di tutta una tradizione italiana che riconosce in Muccino il più diretto rappresentante. Il giovane cast italiano si allontana di poco dai tipici schematismi di chiara derivazione televisiva, rispondenti a sottotrame ripetitive. Tuttavia l’impegno di declinare un tema abusato in variazioni che si distanzino dai soliti cliché si rivela notevole, ma non riesce comunque a sollevare la pellicola da un sottosuolo di banalità. I personaggi si riducono a macchiette, stereotipi di un mondo semplicistico ridotto a categorie contrapposte. Nonostante i buoni tentativi di smuovere l’aria stagnate in cui rischia di coagulare il recente cinema italiano, non si va oltre il tono da commediola sentimentale, tipico di tutto un panorama di facile identificazione. Si poteva aspirare a un po’ più di qualche sporadica nuvola prontamente spazzata da un cielo di prevedibile futura trasparenza.
Anche il breve cameo di Elio Germano si riduce a un simpatico bozzetto fine a se stesso e l’intento sociologico di delineare un quadro della situazione lavorativa attuale finisce per rispondere ad un pretesto riempitivo più che a una chiara idea di denuncia. Il volto intenso di Primo Reggiani tende a restare su un tono monocorde e l’interpretazione di Michele Alhaique risulta troppo schematica per dare corpo alle motivazioni che ne scuotono l’anima.
Riuscito il personaggio di Cinzia, tragicamente allineato a quella tipologia femminile che preferisce il silenzio e l’accettazione perché quell’uomo, sosia distorto di un ideale principe azzurro, è tutto il proprio mondo. Di contro, i contorni favolistici ed estranei alla realtà conosciuta cui appartiene Viola, traduzione di una passione travolgente senza futuro.
"Qualche Nuvola", si allinea ad uno stile prevalentemente asciutto, libero da false pretese, e con un buon potenziale a stento sfruttato. Si sorride davanti all’evidenza, ma il tentativo di dipingere la città eterna con i suoi tipi e i suoi mille colori resta una felice quanto monca illusione.
La frase:
- "Credevo ci fosse qualcosa tra noi"
- "Si. Un abisso".
a cura di Marta Gasparroni
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