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Qua la zampa!

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato17 gennaio 2017Voto: 7.0
 

  • Foto dal film Qua la zampa!
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E se esistesse un cane che non muore mai? Un cane che si reincarna in diverse vite, ricordandosele tutte? Questa è la storia di Bailey, il cane protagonista di “Qua la zampa!” del regista di “Hachiko - Il tuo migliore amico”, Lasse Hallström, e Arthur Lewis. Raccontata dalla sua stessa voce, qui doppiata da Gerry Scotti, la storia di Bailey è un lungo percorso che permette di riscoprire come l’amore incondizionato tra un amico a quattro zampe e il suo padrone possa essere più forte di qualsiasi altra cosa. Ingenuo e spaurito, quando viene al mondo è un bastardino randagio che fatica a capire come girano le cose: non è svelto quanto i fratelli ad accaparrarsi le coccole della sua amata mamma, cade a pezzi per la delusione quando la sua cagnetta preferita viene insidiata da rivali più scaltri di lui e quasi muore per lo spavento quando si trova di fronte all’”animale-uomo”.
Ma ogni volta che rinasce, Bailey è un po’ più saggio e disinvolto. Quando arriva Ethan, un bambino speciale che gli insegnerà il senso del gioco, della lealtà, dell’amore, dell’amicizia; in una parola, il senso della sua esistenza. Nelle vite successive, quando ormai da cane poliziotto si ritroverà capace di imprese straordinarie, sarà sempre Ethan il suo pensiero fisso e la persona con cui vorrebbe passare il resto della sua vita. E quando succederà, Bailey compirà per lui la sua azione più bella, vera e grande.

Nonostante lo scetticismo dei più verso una pellicola che ha come protagonista un semplice cane, Lasse Hallström e Arthur Lewis hanno dato grande prova di sé con un film che la dice lunga sul rapporto profondo che può nascere tra un animale a quattro zampe e il suo padrone.
Bailey è un cane da riporto, poi un Pastore Tedesco, un San Bernardo... e ogni sua esistenza mostra al pubblico in sala esperienze diverse che possono caratterizzare la vita di un amico a quattro zampe e cambiarlo: in una realtà impara cosa sia l’amore; in un’altra quanto possa essere dura la vita con due padroni che abbandonano a se stesso il proprio animale; e ancora cosa si è disposti a fare e a sacrificare l’uno per l’altro, ma anche quanto possa essere labile la vita e profondo il legame stabilito con il proprio ‘proprietario’, tanto da riuscire a sentirne l’odore anche a distanza di anni, di esistenze passate con altre persone. Perché chi ci ama, non ci lascia mai veramente.
La storia di Bailey, però, tocca anche altri temi che possiamo definire universali: il dolore per la perdita di una persona cara, l’importanza di avere qualcuno vicino nel momento del bisogno e le difficoltà relazionali che si possono incontrare nel momento in cui tutti i propri sogni sono andati persi.
Nonostante il film sia caratterizzato da un andamento altalenante e poco d’impatto, “Qua la zampa!” lascia il segno.
Non solo per quanto riguarda lo stile della regia, attento ai dettagli e al contesto, ma anche per le situazioni a dir poco emozionanti che si susseguono nel corso della pellicola.

Lo spettatore, infatti, si ritroverà travolto da un vortice di sentimenti che tutti riescono a provare, anche coloro che non hanno mai avuto un cane, perché in fondo l’amore è qualcosa che tutti nella vita hanno provato o proveranno almeno una volta nella vita e che può essere vissuto da ogni singola persona, anche se in forme differenti.
È proprio per questo che i due registi sembrano voler fare dell’empatia il punto di forza del film: qualcuno riderà, qualcun altro si commuoverà, a qualcuno potrebbero scendere dagli occhi lacrime di gioia, altri si arrabbieranno per il modo in cui verrà trattato Bailey, ma nessuno riuscirà a rimanere completamente indifferente di fronte alla visione di “Qua la zampa!”.
Il merito di ciò è da attribuire soprattutto all’idea di base dei registi, anche se un valido ed efficace aiuto è dato dalla voce di Gerry Scotti che colpisce nei ‘panni’ di un cane tanto ingenuo quanto dolce (possiamo dire che la sua visione del mondo, essendo il progetto visto attraverso gli occhi di Bailey, è come quella di Pascoli e della sua poetica del fanciullino. È come se il cane vedesse la realtà con gli occhi di un bambino che vede qualcosa per la prima volta e ne rimane affascinato). Non possiamo dire che il doppiaggio sia ottimo, ma di certo ha fatto la sua parte e ha avuto un ruolo rilevante nella riuscita del film.
Ne consigliamo la visione a coloro che hanno voglia di un po’ di leggerezza, di farsi qualche sana risata e di vivere una storia diversa e ricca di sfumature.


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