Paranormal Activity
Quindicimila dollari di budget per un incasso che, solo negli Stati Uniti supera i nove milioni di dollari. "Paranormal Activity" è il film "caso" dell’ultimo biennio e forse più. Era dai tempi di "The Blair Witch Project" che un film autoprodotto con una cifra così modica non raggiungeva un tale successo. Le ragioni? Prima di tutto il passaparola. E’ così che una copia del film è arrivata tra le mani di Steven Spielberg che, fiutando il solito affare, ha deciso di comprarne i diritti e di distribuirlo con la sua Dreamworks.
Una coppia di trentenni comincia a sentire di notte strani rumori dentro casa. I due decidono di tenere una videocamera perennemente accesa per capire cosa succede quando stanno dormendo. Guardando le registrazioni non ci sono dubbi: la casa sembra essere infestata da qualche strana creatura.
Andare avanti con la trama sarebbe ingiusto per chi il film non lo ha ancora visto. E non perché si rischia di svelarne l’epilogo, ma perché comunque si brucerebbe l’unica vera svolta narrativa del film.
Girato completamente in soggettiva (il nostro occhio è sempre l’obiettivo della videocamera amatoriale utilizzata dai due protagonisti) "Paranormal Activity" utilizza il pretesto narrativo per costruire un horror di sole luci e suoni. La bravura di Oren Pely, il regista, è nel riuscire ad utilizzare al massimo i pochi elementi (e soldi) a disposizione. Ma possono essere i "limiti" produttivi di un film, la ragione stessa della sua bellezza? Non crediamo. Ecco quindi che per quanto si apprezzi il lavoro di Pely (che si è ispirato alla storia della sua nuova casa per il suo film), allo stesso tempo non si può non pensare che il biglietto del cinema costi quanto quello di qualsiasi altra pellicola. Pely non sbaglia nulla, ma neanche osa e così, per quanto sia tutto ben calibrato, "Paranormal Activity" rimane solo un buon esercizio di stile. Non è senza dubbio innovativa la soggettiva perenne per un horror (dal già citato "The Blair Witch Project" a "Cloverfield" passando per i due "Rec"), né lo è una storia abbastanza "telefonata". Insomma, a parte la curiosità di vedere uno dei film di cui si è parlato e si parlerà di più in questi anni, di imperdibile qui c’è ben poco.

La frase: "Cosa stai cercando? Qual è il tuo colore preferito?".

Andrea D'Addio

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