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Un altro Mondo

Opinioni presenti: 17
Media Voto: Media Voto: 7 (7/10)

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Una piacevole sorpresa

(7/10) Voto 7di 10

Ho visto questo film quasi per caso, e ne sono contenta. Film di buoni sentimenti, dimostra che anche Silvio Muccino sta crescendo: la recitazione non è sempre all'altezza, però l'interpretazione del bambino è notevole e la vicenda è coinvolgente.



Rita, 57 anni, novara (NO).




bellissimo film

(10/10) Voto 10di 10

il film è stato grande .... un altro mondo non è solo l'Africa è il nostro mondo che facciamo per noi stessi. è un film sulla vita, l'amore, le decisioni, le persone. deve vedere da tutti, ci insegna l'amore e la forza di costruzione. Muccino ha fatto bene con la storia, la piccola protagonista è stato meraviglioso ... Michael Rainey Jr. andarlo a vedere e tu lo valutare voi stessi.



S, 36 anni, Pra (RM).




piuttosto noioso

(5/10) Voto 5di 10

A parte il bellissimo e bravissimo bambino di colore e la storia che è piuttosto carina, il film è troppo lento e recitato dai suoi attori in modo insufficiente.



Andrea, 47 anni, Prato (PO).




"La ricera della felicità 2"

(6/10) Voto 6di 10

Il parallelo con il film di Muccino senior è inevitabile, a causa quì del particolare rapporto fratello maggiore-fratello minore e tutte le vicende che li riguardano. Detto ciò, il film scorre, soprattutto nella prima mezz'ora, grazie ad alcuni siparietti carini e a qualche risata. Nella parte centrale il film pecca di troppa lentezza e ripetitività, per poi riprendersi nel finale. Buona la regia, ottime inquadrature. Pensavo peggio.



vincenzo, 28 anni, mesagne (BR).




L'ossessione "altra" del sentirsi (già) autore

(5/10) Voto 5di 10

Andrea é un quasi trentenne che galleggia sulle superficiali acque di una gioventù dorata, addobbata con gilet casual, per la quale conta "non arrivare né lucidi né soli" alla fine di ogni inflazionata, annoiata, vivacchiata e crepuscolare giornata. Una routine casualmente intaccata e bruscamente infranta da una lettera, estrema invocazione di un padre morente che lo ha abbandonato da bambino andando a vivere in Africa nera come missionario. Andrea parte per l'altro mondo del titolo tra un'insofferente mulinata ai capelli e l'altra, e finisce col ritrovarsi tra capo e collo il fratellastro di 8 anni, concepito dal padre con una donna di un villaggio locale: Charlie, che gli cambierà la vita in un misto di interminabili logorree sui facoceri e di limpida spontaneità. La seconda opera da regista di Silvio Muccino si propone come un'alternativa 'autorial-sentimentale' ai consueti bagordi natalizi. La volontà é quella di riflettere su temi alt(r)i, di ritrarre un continente "altro" rispetto alle derive demenzial-cartoonesche dei cinepanettoni e di confezionare (anzi, incartare) un film molto natalizio che 'attirerà in sala tutti quelli che hanno voglia di vedere altro', a detta dello stesso Muccino. Altro altro altro. Questa strombazzata e ricorrente rivendicazione autoriale, a metà tra l'autarchico e lo spocchioso, finisce col risultare controproducente, suonando falsa, ruffiana più nelle pose che nei contenuti. A Muccino interessa solo fare il 'suo' film, ostentare l'espressione stolida e insieme stizzita dell'eremita assorto che fa a pugni col mondo, che riflette sugli sconfinati divari tra continenti in un periodo dell'anno in cui la gente comune più che altro si ingozza e deglutisce quantità industriali di cinema spazzatura. Si é rinchiuso nel suo cantuccio ristretto, Muccino jr. Il suo amico/nemico (sullo schermo) Verdone si era appoggiato a inizio carriera a maestri quali Leone o Sordi, lui no, non ne ha bisogno. Ha l'espressione "Non provate a darmi un buon consiglio, che sbadiglio" (ricordate Pappalardo?), sguazza in una crisi registico-esistenziale manco fosse un Dawson's Creek troppo cresciuto o un Lars Von Trier che resta a letto per mesi a fissare il vuoto. Si concede il lusso di rimanere abbarbicato alla produzione di un film per ben tre anni e assortisce una direzione d'attori a dir poco rivedibile, nella quale arriva a sfigurare perfino la Ragonese, perfetta nell'accudire il piccolo Charlie ma altrettanto inguardabile quando c'é da alzare i toni, con pugni che piombano sulle pareti colpevomente in ritardo. Tutto quello che c'é di buono si affloscia quasi del tutto sotto i colpi di un infiocchettamento retorico: la (non) diversità razziale ('Ti sembra che ci somigliamo, io e te?'), l'intima vicinanza di due corpi uguali e diversi che sonnecchiano nella stessa auto, perfino la sincera naturalezza con cui un nucleo familiare improvvisato tenta di accudire un bambino e di fargli credere forzatamente che la cacca bianca esiste, eccome.



Davide Stanzione, 17 anni, Erice (TP).





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