Pupi Avati non mi delude quasi mai. Solo alcuni dei suoi film horror mi hanno lasciato freddino, ma anche qui attenzione a non generalizzare: "L'arcano incantatore" è straordinario e "Zeder" ha momenti di intensa bellezza. "Il papà di Giovanna" ci riporta al mondo tipico del regista (il passato ricostruito in maniera intelligente e meticolosa, la famiglia, la scuola...) con un'attenzione alla disabilità prima intuita poi dichiarata che esplode in follia della protagonista. Gli attori sono tutti calati nella parte e recitano benissimo (Eccezionale Silvio Orlando nel più avatiano dei ruoli, dove siamo abituati a vedere Carlo Delle Piane, commovente la Neri, sorprendenti Greggio e un'insolita Serena Grandi, sempolòicemente meravigliosa la protagonista di cui sono un ammiratore sfgegatato daiu tempi di Giorni e nuvole, ma di cui proprio non riesco ad imparare il cognome). Film teso,compatto, emozionante che a mio avviso ha una sola pecca: i tre minuti finali. Qui si passa da un mondo reale all'happy end hollywoodiano nel senso peggiore della parola. Così ho pensato uscendo dal cinema, ma ora, a mente fredda un dubbio mi assale: e se la scena finale non fosse "vera", ma fosse un sogno ad occhi aperti partorito dalla fragile mente malata di Giovanna? Il film avrebbe tutt'altro sapore.
I film di Avati non mi hanno mai molto entusiasmato, ma in questo ci ho trovato diversi spunti di riflessione che me lo hanno fatto apprezzare particolarmente. Due su tutti:
1) il rapporto tra la società a l'infermità mentale: è giusto che una persona per così dire 'ritardata' viva una vita del tutto simile alle altre persone 'normali', con tutti i pro e i contro del caso, o bisogna farla vivere in una sorta di campana di vetro per proteggerla?(tema affronato per esempio in "Si può fare", film con Claudio Bisio, che consiglio)
2) la forza ed il coraggio di lasciar andare la persona amata da parte di Michele.
Ma ce ne sono tanti altri: al regista non interessa risolvere dei quesiti o emettere dei giudizi, lui pone solo le questioni. Molto triste, sentito e delicato.
Come sempre Avati non delude. Un film di sentimenti che però non è sentimentale, un film di emozioni, ma di emozioni contenute, non sbandierate. Bravissimo Orlando, ma anche gli altri attori. Forse inutile la scena della fucilazione di Greggio. Perchè prendersela con il finale? Un lieto fine ogni tanto ci fa bene, ci fa sperare...
Confesso che da sempre ho un debole per i film di Avati, e anche in questo film non mi ha deluso. Bella l,ambientazione in una Bologna nel pieno della guerra.Semplicemente straordinaria l'interpretazione di Silvio Orlando.