Il più grosso quanto misconosciuto capolavoro nella storia del cinema, un'opera che affossa, finalmente, tutte le tesi del kubrick sessantottino di "2001-odissea nello spazio". olduvai/olduway, la rift valley fra kenia, tanzania e appunto uganda: "la culla di tutte civiltà", come afferma lo stesso whitaker. ma in 2 o 6 milioni di anni la storia come processo di ominazione non ha compiuto alcun vero passo avanti: sesso primordiale, ancestrale, scimmiesco tanto quanto l'efferatezza della violenza (due scene a testa per ognuno di questi due concetti, quattro "ecce sub-homo" strepitosi). tutto il resto, a cominciare dall'eros e thanatos empedoclei, è soltanto, nient'altro che l'abissale miraggio della nostra razionalizzazione (e ciò spiega la straordinaria scena simbolica con cui il film inizia).
Forest Whitaker ha strameritato l'oscar di quest'anno per questa intensa interpretazione(volta a dimostrare che il capo di Stato era si un crudele dittatore ma anche un uomo ipocondriaco e che non era del tutto un mostro da demonizzare)ma a dire il vero avrebbe dovuto avere quello di...non protagonista.
Interpretazione tanto valida da farlo giganteggiare sulla pellicola come una sorta di fantasma onnipresente, ma il vero protagonista di questo film è il giovane medico scozzese Nicholas Garrigan(James McAvoy,ricordabile per il fauno di "Narnia"), che lo supera in presenza fisica e minutaggio di recitazione nel film,(in bravura no certamente, interpretazione veramente da applausi quella di Whitaker) ma anche e sopratutto per il fatto che sono i suoi occhi il metro sempre diverso attraverso il quale si può vedere la bontà o la cattiveria di Amin.
Speranze, delusioni, paure e gioie sono sempre come monitorate dal gigantesco capo di Stato, onnipresente, che per ammiccarsi le simpatie di quel paese si autoproclama"Ultimo re di Scozia", che come ogni persona al centro del mirino vive continuamente di paure cercando di fare promesse al popolo pensando comunque sopratutto alla propria tutela. Tratteggiata benissimo l'ipocondria con questa sorta di affrancamento del giovane e capace medico, la regia ma sopratutto Whitaker si preoccupano di segnalare anche il fattore umano nel dipanarsi della storia, con le scene del progressivo disincanto per mostrare il reale e contemporaneamente anche la dimostrazione dell'amore per i figli avuti da più mogli che arriva comunque anche in un simile frangente.
La storia procede in maniera fluida, e dopo averci mostrato la povertà e il senso vero della missione medica, i suggestivi, ma poveri, paesaggi vengono sostituiti con gli sfarzosi ma corrotti palazzi del potere. E a poco a poco anche Garrigan deve giocoforza mutare, sostituire il dovere medico con il dovere umano, perdendo mano a mano ogni connotazione di semplicità, speranza e dovere.
Un gioco di uomo che violenta la natura e la fiducia progressivo, stimolante, che sostituisce man mano il genuino con il becero, in un film che non smette mai per un secondo di interessare e che nel comparto finale arriva a buonissimi punti di thrilling(con citazione di"L'uomo chiamato cavallo")e utilizza dei filmati di repertorio per chiudere l'arco narrativo.
Da vedere per conoscere e approfondire un pezzo di storia di un paese Africano dalle tragedie come al solito troppo spesso dimenticate, ma per godere anche di cinema con una interpretazione grandiosa giustamente premiata, una fotografia rigorosa dei paesaggi, una storia progressiva e coinvolgente, e dulcis in fondo della visione di bellezze femminili locali.
Nella parte di Sarah troviamo la mitica Dana Scully di X-files.
Credo sia un film che vada visto, soprattutto da chi non sa o sa poco di quello che accadde in quel paese.
l'ho trovato molto coinvolgente, e a parte una scena , non è mai crudo o chissa cosa .
bello, ma chissà perchè sembra che le storie vere vadano raccontate con meno impegno perchè il solo fatto che siano vere le giustifica. potrebbe essere un gran film, ma non convince perchè è stato trattato con superficialità. una roba all'acqua di rose tanto per intenderci. sicuramente va visto per non dimenticare, ma non è un film da ricordare. eccezion fatta per tutta la parte finale: grandiosa! in generale comunque do un voto alto per non abbassare la media.
Racconto in stile hollywoodiano di un dittatore crudele, carismatico e controverso che agì negli anni '70 nell' Uganda post-coloniale. La storia di Amin la conoscevo già però il film merita la visione anche per scoprire una parte di Africa in quel periodo storico denso cmq di avvenimenti e pervaso ancora di "guerra fredda". L'oscar a Whitaker a distanza di qualche anno mi sembra esagerato anche se non ricordo quali altri film erano in concorso, però nulla da dire nella sua interpretazione semmai qualche personaggio di contorno l'ho trovato un po' insipido. Sarebbe da 7 ma un voto in più più per la fotografia e la sceneggiatura.