Più che un film sulle arti marziali e sulle filosofie più o meno esoteriche del "Far East" si tratta di un film sull'Altra America, superbamente interpretato da Forest Whitaker.
Secondo me, è questo il capolavoro di Jim Jarmush (certo, insieme a "Dead Man", ma anche insieme ai due cortometraggi "Coffe and Cigarettes"), anche perché qui il regista sa unire i - per lui - classici elementi di cinema alternativo (o "Independent" che dir si voglia) con quelli che caratterizzano l'entertainment, il "mainstream".
In "Ghost Dog" Jarmush ci ricorda che ognuno è come è, che non si può uscire dalla propria pelle: il gelataio haitiano non si integrerà mai negli Stati Uniti dove, pure, vive e lavora; il killer-samurai, per quanto dotato di una grande bontà di fondo, non potrà altro fare che uccidere per tutta la vita; e i mafiosi non si ravvederanno mai. Ci hanno dato (o abbiamo scelto nei primissimi anni di vita) un destino ben determinato, e in fondo alla nostra strada non si intravede nessun bivio, nessuna luce che ci salverà, nessuna casetta accogliente - come accade invece in "Daunbailò"/"Down by Law". La via è segnata, e il piccione ferito non viaggerà più perché questa era la sua sorte fin dall'inizio.
Peter parisius, 50 anni, Monaco di Baviera (estero).
Film fantastico,denso di pathos e sentimenti, che riesce a proiettare lo spettatore in una dimensione sublime.
Grande interpretazione. Grande regia.
Bravi!Bravissimi tutti!
Film da rivedere, sempre.
Il tentativo di trasportare le tematiche filosofiche e culturali del Bushido (il codice dei samurai) in un panorama totalmente diverso da quello Nipponico, è realizzato in Ghost Dog, in maniera intelligente e dignitosa.
Forrest Withaker ha la faccia giusta, buona ed ingenua quanto basta per suscitare tenerezza, ma minacciosa e leggermente asimmetrica, per ricordarci che lui è un "nero" cresciuto nei bassifondi del suo quartiere.
Tutto questo non stona con la grazia e la profondità del concetto di base, che è sorretto dall'ideale della devozione verso il proprio signore e si adatta perfettamente al mondo occidentale dimentico dell'onore.
La fusione di un discreto houmor, con la violenza delle faide mafiose, è divertente e la critica non velata all'italianismo d'oltre oceano, serve a creare un attrito ancor più forte, tra la potente purezza dei signori d'arme Giapponesi e la stolida idiozia dei tirapiedi mafiosi.
Non si cade nel banale neanche nel finale, quando il Samurai muore per il suo signore e si immola in nome della cieca devozione.
Sintesi: storia di un americano nero che fa il samurai a New York, ai giorni nostri. Come tutti i samurai finirà male e il suo padrone rimarrà vivo e vegeto (con tanto di “bonazza arrivista” a suo fianco).
Giudizio: 8-. E’ bellissimo, e anche divertente, capire come la filosofia dei samurai, pur datata, goda di una assoluta castità e modernità, mentre i vecchi mafiosi italo-americani vanno, ormai inesorabilmente, verso la via dell’estinzione. La devozione (al padrone) e la dedizione (alla filosofia) del samurai sono commoventi. Lo è ancora di più l’amicizia tra il samurai ed un gelataio giamaicano: capiscono ognuno i pensieri dell’altro (pur parlando il primo americano ed il secondo francese). 8 anche alle musiche (rap, r&s etc)
Consigliato a: tutti.