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A est di Bucarest

Opinioni presenti: 7
Media Voto: Media Voto: 6.5 (6.5/10)

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bello, ma pensavo meglio

(7/10) Voto 7di 10

Il film anche se ben realizzato sotto il profilo tecnico, non è sembrato all'altezza dei numerosi premi ricevuti, sinceramente mi aspettavo qualcosa di meglio. Va comunque rimarcato che la parte del film riguardante la trasmissione televisiva sulla "presunta partecipazione alla rivoluzione" è veramente godibile sia per i dialoghi che per l'ottima interpretazione dei tre attori.



Giovanni, 53 anni, Città di castello (PG).




Una fine senza fine

(7/10) Voto 7di 10

I pochi protagonisti del film danno consistenza alle vicende di un intera nazione dove fin dalle prime immagini si scorge una realta' decadente che con il proseguo viene confermata dalla stessa storia... tra un misto di ironia e commiserazione prende forma l'interrogativo apparentemente futile di chi o meno a partecipato alla rivoluzione del 1989 per arrivare a capire che da allora nulla e' poi così cambiato... chi aveva collaborato con il potere continua ad essere una rispettabile persona che dispone ancora di mezzi e diversamente chi stava in una situazione di mezzo perpetua tra alti e molti bassi la sopravvivenza... il film scorre via tra ilarita' e momenti di riflessione senza lasciare lo spettatore indifferente!



Ronks, 38 anni, Terni.




Piccolo gioiellino

(10/10) Voto 10di 10

Questo film rumeno è un vero e proprio gioiellino che riesce perfettamente a dare una visione sulla realtà rumena, le bugie raccontate quindici anni fa, le illusioni, le mancate realizzazioni dei sogni dopo la cacciata di Ceausescu. Ad una prima parte che forse a qualcuno può risultare un po' noiosa, ma assolutamente indispensabile pere spiegare la situazione e descrivere i protagonisti, ne segue una seconda, in certi momenti a dir poco esilerante !!!!!! Un piccolo-grande film da vedere !!!!!



Franco, 45 anni, Trieste (TS).




Così Così

(5/10) Voto 5di 10

Viene voglia di fare due cose al termine della proiezione. Uscire all'aria aperta e respirare a pieni polmoni per riprendersi dal senso di claustrofobia che lascia il film e cancellare Carlo Verdone dalla lista delle persone attendibili, visto che ha definito questa pellicola un capolavoro. Diciamolo, da "A Est di Bucarest", ci aspettavamo un piccolo miracolo indipendente. Ne siamo usciti con una cocente delusione. E' un film statico, poco ironico e a tratti un po' noioso. Meno male che è breve. Tra colori che variano dal grigio chiaro al grigio scuro, auto scassate, strade sconnesse, palazzoni popolari, un improvvisato anchorman proprietario di una assurda emittente di una città di provincia a est di Bucarest, organizza un dibattito in diretta, proprio nel sedicesimo anniversario della rivoluzione. Al centro della discussione una sola domanda “C’è stata o no la rivoluzione nella nostra citta? La gente ha partecipato al rovesciamento del regime, oppure è scesa in piazza a cose fatte?”. Relatori e ospiti, due eminenti celebrità locali: un professore di storia alcolizzato e perennemente indebitato. E un vecchietto che per campare si veste da babbo natale. Ognuno racconta la sua versione dei fatti, ma le telefonate in diretta, creano parecchie obiezioni e parecchie revisioni dell’accaduto. L’idea di base è semplicemente favolosa. La visione di un fatto storico, dal punto di vista di persone comuni e soprattutto cittadini di una città che è rimasta un po’ fuori dalla rivoluzione del 1989. Il tutto resta imbrigliato, anzi, per meglio dire, chiuso, nelle case dei protagonisti nella prima parte del film e poi, nella seconda parte, nell’angusto studio televisivo. Fiumi di parole, ripetizioni, chiacchiere, investono lo spettatore che invece delle poltrone, s’immagina d’essere in una trincea. Poca satira, qualche revisionismo storico ma nulla di realmente convincente o chiarificatore di cosa pensano i romeni del passato e del presente. E' anche vero che noi non siamo romeni. Non abbiamo avuto Ceauþescu, sicuramente uno dei più disgraziati dittatori della storia e quello che sappiamo della rivoluzione, l'abbiamo studiato sui libri o visto in diretta TV. Senza contare che il nostro ricordo maggiore sono le bandiere con il buco in centro che i tifosi romeni sventolavano a Italia 90. Insomma, non sappiamo se e quanto pesi ancora la figura del dittatore e se e quanto il popolo romeno possa riderci su, tanto per ripeterci, alla Goodby Lenin. Di contro però, ricordiamo che un certo Kusturica ha ironizzato sulla Jugoslavia... Qualcosa da dire l'abbiamo anche sul doppiaggio. Seguito dal mitico Tonino Accolla, delude parecchio, soprattutto considerando che uno spettatore che telefona in trasmissione era palesemente di Trastevere. Cosa spiazzante, quasi quanto il fatto che anche in Romania ci sono i cinesi.



Fabio, 30 anni, Torino.




'Piccolo' bel film

(8/10) Voto 8di 10

Certamente non è un grande film: eppure ha alcuni elementi veramente azzeccati, se non magistrali. La (sin troppo) lunga scena 'televisiva', con struttura troppo 'teatrale' a mio avviso, riesce tuttavia benissimo a passare progressivamente da un registro lieve se non comico (splendide le 'annotazioni' sulle gestualità impacciate delle mani di fronte alla telecamera!) verso un tono sempre più nervoso, drammatico, grave, al limite della disperazione; ma a momenti profondo e poetico, con alcuni dialoghi (il cinese, il vecchio babbo Natale) di rara intensità. In tutto il film si respira questa disillusione sulla rivoluzione, in una società vistosamente segnata dal degrado esteriore da 'periferia' dimenticata da sempre, in cui gli individui si aggrappano ormai soltanto ad esili e contingenti momenti privati. Poetica la scena finale dei lampioni, quasi apertura - in ogni caso - ad un desiderio di speranza. Trovo comunque notevole il film perchè ho l'impressione che sappia descrivere e riportare alla nostra percezione in modo immediato - meglio di documentari o dotte discussioni, come solo i buoni film o i buoni romanzi sanno fare - il clima che si vive in buona parte di quelle che oggi sono le periferie dei paesi dell'Est.



Jan, 48 anni, Palermo (PA).





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