Noi credevamo
"Noi dolce parola. Noi credevamo" (cit. dal film "Noi credevamo" di Mario Martone).
Film originale e realistico, porta sotto la luce dei riflettori la Storia, una parte poco conosciuta e quasi dimenticata dalla storiografia ufficiale, di vite vissute all’insegna di ideali e di disillusioni, di lotte e sofferenze, di sacrifici e paure tutto per l’Unità d’Italia. Contraddistinto da un ritmo abbastanza sostenuto, caratterizzato da colpi di scena e da una fotografia tipica di una fiction, anche se di alto livello, "Noi credevamo" è un film in costume realizzato dal regista e sceneggiatore Mario Martone. L’opera si ispira sia alla vita di personaggi storici realmente esistiti riprendendone i carteggi e i documenti redatti sia, al tempo stesso, al romanzo storico "Noi credevamo" della scrittrice e traduttrice italiana Anna Banti (pseudonimo di Lucia Lopresti nata a Firenze nel 1895 e morta a Ronchi di Massa nel 1985). I protagonisti sono tre ragazzi del Sud d’Italia, in particolare della zona del Cilento che, a causa della feroce repressione borbonica dei moti rivoluzionari del 1828, prendono la decisione di affiliarsi all’associazione politica insurrezionale Giovane Italia fondata a Marsiglia nel 1831 dal patriota, politico e filosofo italiano Giuseppe Mazzini (Genova, 1805 – Pisa, 1872). Attraverso la vita dei protagonisti Domenico, Angelo e Salvatore, lo spettatore ripercorre alcune fra le pagine più importanti della storia risorgimentale, pagine perdute e oscurate dalla storiografia ufficiale, riscoprendo persone vere che hanno contribuito attivamente all’unificazione. Le vite di questi tre giovani si snodano attraverso un tempo scandito in quattro parti, quattro periodi importanti che segnano la loro storia personale e al tempo stesso quella nazionale. Emerge così il quadro di un’Italia divisa internamente tra il popolo e l’aristocrazia illuminata, che si definisce a volte repubblicana e a volte democratica, ma che non riesce a comunicare con il popolo e che anzi rifiuta questa idea considerandola impossibile. E’ una penisola composta da persone diverse che parlano dialetti diversi, dove domina la povertà e la miseria della povera gente avvilita e rassegnata ai soprusi operati da coloro che rappresentano il "Potere" che siano essi borboni o "italiani". L’opera non presenta uno spirito epico, né momenti lirici o sentimentalismi romantici, ma cerca di non schierarsi, di restare scevra da falsi idealismi e facili riferimenti alla situazione attuale italiana, lasciando che sia lo spettatore stesso a farlo. E’ un film di ampio respiro che nonostante i 204 minuti non annoia, però purtroppo non emoziona né coinvolge il pubblico, pur restando un lavoro godibile e al tempo stesso interessante grazie all’ottima interpretazione degli attori principali come Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi e secondari come Luca Zingaretti, Luca Barbareschi, Guido Caprino, Andrea Renzi e Toni Servillo. E’ evidente l’enorme lavoro documentaristico che vi è dietro ed è apprezzabile anche la ricostruzione storica dei costumi e degli ambienti, anche se di tanto in tanto trapelano elementi moderni. Interessante è soprattutto la figura storica proposta dal regista Martone di Cristina Trivulzio, principessa di Belgiojoso, interpretata da Francesca Inaudi, che mostra una personalità forte e rivoluzionaria, ma al tempo stesso capace di precorrere i tempi sostenendo l’importanza di educare il popolo all’idea di libertà e di rivoluzione, spiegandogli quali siano i loro diritti e quali i loro doveri.

La frase: "Noi non siamo fatti per la verità e l’inganno al tempo stesso".

Federica Di Bartolo

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