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Morituris











E’ un massacro d’innocenti ambientato nel passato a introdurre il lungometraggio d’esordio di Raffaele Picchio, grottescamente dedicato alla memoria dell’umanità (!!!).
Massacro che anticipa i titoli di testa, in seguito ai quali troviamo in scena l’ex pornodivo Francesco Malcom impegnato in una conversazione telefonica in casa; prima ancora di vedere Andrea De Bruyn, Giuseppe Nitti e Simone Ripanti che, insieme a due giovani turiste provenienti dall’Europa dell’est e con le fattezze di Desiree Giorgetti e Valentina D’Andrea, si dirigono in automobile verso un rave party.
Una situazione iniziale che, quindi, potrebbe immediatamente richiamare alla memoria quella che caratterizzò il non molto riuscito "In the market" (2009) di Lorenzo Lombardi; dal quale, però, Picchio riesce fortunatamente a prendere le distanze.
Infatti, mentre lì avevamo una noiosissima prima parte tirata eccessivamente per le lunghe a fare da preludio alla consueta mattanza, qui vengono concessi soltanto pochissimi minuti alla presentazione dei personaggi, in modo tale da non far attendere troppo lo spettatore per scaraventarlo all’interno del genere nudo e crudo.
Ma, con il quintetto che non tarda a ritrovarsi nottetempo in un bosco isolato fuori città e tempestato di lapidi romane, se un improvviso stupro provvede a riciclare l’elemento cardine del rape & revenge, non si prosegue, poi, all’insegna di quella vendetta femminile che ha provveduto a consegnare alla storia del filone titoli del calibro de "L’ultima casa a sinistra" (1972) di Wes Craven e "Non violentate Jennifer" (1978) di Meir Zarchi.
Perché, senza anticipare altro dell’esile plot, "Morituris" decide di evolversi sotto la bandiera dello slasher a tinte soprannaturali, sfoggiando, tra l’altro, teste staccate e corpi infilzati a opera dell’argentiano Sergio Stivaletti.
Mentre il giovane neo-regista romano, che si trova soltanto a dover fare i conti con una non sempre convincente prova degli attori, dimostra di saper gestire a dovere sia la macchina da presa che i ritmi di narrazione; coinvolgendo in un sadico crescendo di violenza e splatter che rischia magari di far storcere il naso a molti nel corso del lungo – ma neanche eccessivamente esplicito – abuso sessuale attuato sulle ragazze, rispecchiando pienamente, però, proprio l’esagerato exploitation su celluloide nostrano di tanti anni fa.
Quando, proprio come questa sua opera prima, il cinema horror italiano era molto più coraggioso e sfacciato di quello odierno... e, soprattutto, esisteva.

La frase:
"Moriranno i soldati, moriranno i razziatori, forse anche gli stessi sopraffattori, ma una cosa è certa, moriranno anche gli innocenti".

a cura di Francesco Lomuscio

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