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Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
Un film piacevole e divertente, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, del francese Francois Dupeyron, conquista per la sua freschezza e la leggiadria con la quale viene raccontata una storia edificante e limpida, come l'acqua di una fontana di una Moschea dell'Andalusia.
Ma più piacevole della storia che si narra, è gustarsi Omar Sharif sullo schermo, più convincente che in altre occasioni, cesellarsi uno di quei personaggi che rimangono impressi nella memoria dello spettatore cinematografico.
Il vecchio leone egiziano interpreta Ibrahim, un turco emigrato in Francia che gestisce nella Parigi di fine anni '50 una pizzicheria. Qui fa la conoscenza con Momo (Pierre Boulanger) - un ragazzino di origine ebrea - che al compimento dei suoi sedici anni decide di rompere il suo salvadanaio per regalarsi la sua "prima volta" con una della tante prostitute che passeggiano tutto il giorno sotto casa sua. In questa atmosfera da Irma la dolce, fiorisce rigoglioso il rapporto tra l'anziano arabo, anzi, turco musulmano di confessione Sufi, come precisa con pacatezza Ibrahim, e il giovane ragazzo che dal vecchio riceverà i fiori della sua saggezza che dovrà imparare a coltivare e a rendere fertili consigli per la sua vita "da grande".
Francois Dupeyron dimostra sin dalle prime inquadrature di volersi mantenere nell'ambito della commedia ironica e leggera. Lo testimoniano le frequenti situazioni divertenti ( godetevi la scena dell'esame di guida del vecchio Ibrahim) che costellano il film. Pur in presenza della difficile situazione familiare di Momo (abbandonato da piccolo dalla madre), sottolineata dall'uso della telecamera a mano all'interno dell'appartamento del ragazzo, il film esprime una solarità tutta mediterranea ed ispira un sorriso sincero: quello che Ibrahim spesso consiglia al ragazzo. ("Sorridere rende felici" ripete spesso il saggio Ibrahim).
L'opera, che forse nel finale prevedibile ha il suo punto di maggior debolezza, è impreziosita dalla fotografia, calda e colorata, di Remy Chevrin, e dalle preziose ed accurate scenografie di Katia Wiszkop. Così come validissima, ed accattivante, è la scelta delle canzoni d'epoca (Chuck Berry, Jimmy de Knight e tanti altri). Tutti elementi che contribuiscono a rendere questo film un prodotto di qualità.
Un film sulla tolleranza e la reciproca comprensione, che diverte e fa pensare.
Daniele Sesti
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