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Le quattro volte
Dall’uomo alla terra e ritorno. Un vecchio raccoglie polvere davanti ad una chiesa, sperando che ingerendola si salverà da una malattia che lo sta portando alla morte. Verrà seppellito in una terra dove pascoleranno le sue ex capre. Tra di loro, un piccolo capretto perde di vista il resto del gruppo e si riposa sotto un albero. Quello stesso albero sarà poi tagliato dagli abitanti del paese per una festa tradizionale. Con il legno si farà un particolare carbone che poi brucerà nei caminetti, vagherà nell’aria e ritornerà polvere.
Michelangelo Frammartino ha presentato "Le Quattro Volte" a Cannes ricevendo critiche entusiaste da tutta la critica internazionale. La speranza è che il successo gli dia la possibilità di realizzare con più rapidità i suoi prossimi progetti. Siamo, infatti, di fronte ad un regista davvero eccezionale, capace di fare di un soggetto da documentario un film di intensità e poesia degna delle migliori pellicole di finzione. Le quattro parti con cui divide il suo racconto sulla vita rurale di paesini calabresi sono il frutto sia di tanta osservazione, ma anche di un’incredibile creatività personale.
In pochi sarebbero riusciti a partire dallo stesso materiale ed arrivare a realizzare un racconto così lineare, ironico e con delle svolte narrative fatte di semplici tagli di montaggio e nessuna parola. L’uomo che muore, il capretto che si perde: non sono eventi successi realmente durante la lavorazione del film, ma ricostruzioni verosimili, mentre il cane arrabbiato che non fa passare nessuno, è il frutto di ben ventuno ciak andati a vuoto. "Quando metti tutti gli elementi al posto giusto, è normale che prima o poi le cose accadano" ci ha raccontato quando lo abbiamo intervistato. Tutto è studiato fin nei minimi particolari, ci si diverte, ci si commuove, ci si porta dietro una riflessione naturalista sull’Italia che non si vede mai, ma che vive proprio accanto a noi. Gli echi cinematografici sono quelli di Vittorio De Seta, ma il lavoro di Frammartino, data l’epoca che viviamo, assume una forza completamente diversa, sicuramente più intensa per uno spettatore odierno rispetto a tante, forse analoghe rappresentazioni del passato. La speranza è che voi che leggete, non vi lasciate perdere l’occasione per gustarvi un film del genere.
La frase: "Mamma! Mamma!".
Andrea D'Addio
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