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Le pere di Adamo
I movimenti sociali, come le nuvole, sono violenti o no, con tante teste od omogenei, vengono, vanno, tornano. Anche nell’ultimo secolo (da Mosca 1917 a Genova 2001). Mentre le melodie classiche impreziosiscono le evoluzioni delle nubi, a condurre il parallelo con le previsioni del tempo ne “le Pere di Adamo” – intervallato da brevi inserti d’animazione elementari, inutili e con fastidiose voci - c’è il brillante e simpatico meteorologo televisivo Luca Mercalli, impegnato nelle manifestazioni no-tav e oratore pubblico che argomenta contro il consumismo indotto che genera rifiuti, anidride carbonica e di conseguenza minaccia la nostra specie.
Diviso in due blocchi diseguali, entrambi percorsi da artisti di teatro, musica, danza, il documentario si occupa di precarietà lavorativa e nella prima metà ripercorre le lotte del 2003 degli intermittenti dello spettacolo francesi. I quali si affidano all’UNEDIC (“dipendo completamente dal sistema”, si sfoga una di essi), ente autonomo che gestisce le indennità di disoccupazione, finanziato dai lavoratori stessi, con 97 mila saltuari a carico. A causa del suo grosso deficit, secondo un nuovo accordo - considerato una tutela dal sindacato, che però rappresenta solo il 10% della categoria - ora si favorisce chi lavora con regolarità. Ciò ha provocato una protesta caratterizzata da spontaneismo, rifiuto della rappresentanza, nessuna ideologia e forme di mobilitazione alternative all’inutilità dei cortei. I non-garantiti bloccano gli spettacoli (e il pubblico solidarizza rifiutando il rimborso), si sdraiano nella via più commerciale della capitale della lotta (Avignone, dove il 50° festival salta per la prima volta dalla nascita nel ’47), fanno irruzione negli studi televisivi durante le dirette di trasmissioni o telegiornali. Ottenendo come risultato un fondo provvisorio e il recupero del congedo per la maternità. Azione-reazione, corsi e ricorsi, ovunque le storie si somigliano. Nella seconda parte, con un direttore d’orchestra e matematico, si vola nell’atmosfera con filosofia e liricità, ma perdendo la presa.
La frase: "Quest’angoscia è anche il motore della mia creatività".
Federico Raponi
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