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La zona
In un'imprecisata località del Messico, dei facoltosi cittadini hanno ricevuto la possibilità di avere un quartiere recintato rispetto all'esterno. Scuola, ambulatorio e anche un proprio servizio di vigilanza, tutto per evitare il contatto con la povertà e la delinquenza di chi ne abita fuori. E' questa "La zona" del titolo. La tranquillità viene però turbata quando tre ragazzini riescono a violare l'aerea scavalcando il recinto durante una tempesta e finendo col compiere un furto e un omicidio. Due di loro muoiono durante la fuga, uno rimane nascosto non si sa dove, ma sicuramente all'interno della zona. Non si può chiamare la polizia per non rischiare di vedersi revocati i privilegi del posto, e così parte una caccia all'uomo direttamente gestita dagli abitanti dell'area.
Un thriller che è anche un trattato di sociologia, il film d'esordio di Rodrigo Plà. La delinquenza è diretta conseguenza delle disparità economiche tra persone che vivono nello stesso luogo. Chi non possiede, è logicamente tentato a prendere da chi possiede. E il come è direttamente proporzionale al valore che si dà alla propria vita. Di certo si può morire di fame, mentre ogni tanto, rubando (e uccidendo) la si può fare franca. Ecco quindi spiegato il desiderio di proteggersi per le potenziali vittime di reati. Ma a che prezzo?
La paura genera paura, alzando sempre più l'intensità della violenza. Una spirale che i personaggi di "La zona" seguono senza porsi rimorsi, come se lo stato ultimo della civilizzazione (trattasi infatti di tutta gente laureata) sia coincidente con quello che vedeva migliaia di anni fa l'uomo alla pari di tutti gli altri animali. In questo ragionamento ci si può leggere l'11 Settembre, ma anche i pensieri leghisti e di chi, logicamente, ma non giustamente, spesso preferisce farsi giustizia da sé piuttosto che riporre fiducia nelle autorità.
Una metafora completa dei nostri (occidentali) meccanismi sociali interessante e coinvolgente, ma non perfetta. Personaggi con poco spessore e abbastanza stereotipati, una regia che non riesce a dare con la dovuta forza quel pugno nello stomaco che un soggetto così affascinante offriva e un finale che poteva finire un pò prima, quando il peggio era stato fatto, per mantenere alta la tensione. Rimane comunque un grandissimo esordio e un film, speriamo, distribuito in Italia (è stato presentato al Festival di Venezia nella sezione Giornate degli autori).
La frase: "Allora, chi vota per andarlo a cercare?"
Andrea D'Addio
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