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La scomparsa di Patò
Un direttore di banca di specchiata onestà, lavoratore instancabile e marito perfetto scompare misteriosamente durante una sacra rappresentazione. Un carabiniere e un ispettore di polizia indagano su questo caso strano che si ramifica dalla Sicilia fino al parlamento romano. Queste le premesse de La scomparsa di Patò, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri che porta l’immaginazione a una Sicilia di fine ‘800 dipinta a tratti molto tenui. Si potrebbe dire che ci troviamo di fronte a un quadro storico color pastello, in cui l’unità d’Italia, la mafia e l’ingerenza del potere centrale nelle cose locali sono uno sfondo non ingombrante. Il regista Rocco Mortelliti ha fatto della fedeltà al libro un suo punto d’onore. Solo su un dettaglio si è preso una libertà: l’ispettore di polizia non è siciliano come nell’originale ma napoletano, creando un piccolo conflitto interregionale e - cosa importantissima - senza cadere nella solita macchietta da commedia dell’arte. A proposito del cast non c’è nulla da dire, è perfetto sotto ogni aspetto, dal sempre simpatico Neri Marcoré, fino a Nino Frassica e Maurizio Casagrande, che interpretano la loro parte in maniera impeccabile. Vera perla del film è il cammeo di Roberto Herlitzka nei panni del becchino. Il grande attore di teatro riesce a conferire una forza notevole persino a poche battute tutto sommato abbastanza banali. Quello che non torna è la messa in scena, così modesta da ricordare in maniera vivida uno dei tanti "Montalbano" televisivi. Il riferimento costante al teatro dei pupi peraltro non aiuta e in un certo senso perpetua il cliché che tutto si aspettano senza troppi scossoni. La spiegazione dei fatti (che tra l’altro occupa una porzione non trascurabile della pellicola), ricorda in maniera fin troppo vivida le ricostruzioni dei telefilm di genere, sembra quasi che la signora Fletcher possa spuntare da un momento all’altro da dietro le spalle di Frassica. Nonostante questi difetti, La scomparsa di Patò è comunque un prodotto piacevole, da consumare senza troppe pretese e senza troppi pensieri.
La frase: "Murì Patò o s’ammucciò?".
Mauro Corso
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