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Le streghe son tornate











Un gruppo di disperati travestiti in modo bizzarro assalta un Compro Oro in pieno centro a Madrid.
Sono José, padre divorziato con figlioletto al seguito; Tony, un sempliciotto completamente succube delle donne e Manuel, inconsapevole taxista preso in ostaggio durante la fuga.
Dopo la rocambolesca rapina, l'improbabile quartetto cerca di sfuggire alla polizia raggiungendo il confine tra Spagna e Francia con una refurtiva composta da una borsa piena zeppa di fedi nuziali. Arrivati a Zugarramurdi, paesino da secoli legato alla stregoneria, José e i suoi compagni si imbattono però in una singolare famiglia di streghe, determinate a usare i propri poteri per vendicarsi del sesso maschile.
I quattro scopriranno ben presto di essere null'altro che impotenti pedine in un piano segreto ordito dalle streghe di Zugarramurdi.
Ritorno in grande stile per Álex De La Iglesia che, dopo un'opera fortemente personale come Ballata dell'odio e dell'amore, rispolvera lo humour nero e grottesco dei suoi film più riusciti (La Comunidad e Crimen Perfecto) per ibridarlo con le suggestioni horror dei primi lavori (Azione mutante) in una sorta di estrema sintesi di tutto il suo cinema.
Quello che ne vien fuori è un folle helzapoppin' di carne e sangue, un susseguirsi continuo di colpi di scena che lasciano lo spettatore frastornato e che il regista basco ha però l'intelligenza di mantenere sempre, in qualche modo, ancorato a un piano di solida realtà fatto (anche) di crisi economica e di sempre maggiori difficoltà nei rapporti uomo-donna.
Il senso di un film così giocato su situazioni ai limiti dell'assurdo va ricercato infatti proprio nella mesta realtà che dà l'avvio al tutto, un Compro Oro, luogo simbolo di questi anni, che José cerca di rapinare travestito (ma forse sarebbe meglio dire denudato) da Gesù Cristo.
Oppure nei rapporti che i personaggi maschili intrattengono con le rispettive controparti femminili, rappresentate per lo più come donne castranti o, quando va bene, semplicemente troppo autoritarie. Di fronte alle vessazioni subite dai suoi protagonisti, si ha così più di una volta l'impressione che De La Iglesia si chieda (e ci chieda) chi siano poi le vere streghe, se le fattucchiere di Zugarramurdi o le donne comuni.
Ma non si commetta l'errore, sulla scorta di quanto detto finora, di bollare questo film di misoginia perché se la domanda può apparire ironica in maniera un po' facilona, la risposta non è poi così banale. Ad uscirne peggio, infatti, sono proprio gli uomini, così inetti, succubi e disposti a tutto pur di recuperare anche solo un brandello della mascolinità di cui si sentono defraudati e tristemente pronti a sottovalutare anche una situazione di evidente pericolo di fronte all'ipotesi remota di una notte di sesso con una conturbante strega sexy.
La verità è che, come in tutte le opere dell'autore di El dia de la bestia, anche in questo Le streghe sono tornate (traduzione più che pessima, molto meglio in questo senso l'inglese Witching & Bitching) non si salva nessuno, forse giusto l'innocenza di un bambino che, ben presto, diventa lo specchio deformante di tutta l'inadeguatezza del mondo cosiddetto adulto. Il miracolo è come De La Iglesia riesca a veicolare tali concetti senza mai perdere di vista lo spettacolo, vero motore scatenante di tutta l'opera e del suo modo di fare film in generale, costruendo una scatenata orgia di sussulti e risate che non accenna al minimo calo di tensione per tutta la sua durata.
Si ride molto durante il film, soprattutto della continua giustapposizione tra piano della realtà e della fantasia, e anche le derive più macabre e sanguinose non vengono mai gestite in modo grandguignolesco, ma amplificate a dismisura così da ricordare più un folle cartoon per adulti che non un film live action.
Della perizia tecnica di Álex De La Iglesia si è detto tanto e ormai da anni non c'è nulla più da stupirsi, ma quello che maggiormente affascina ne Le streghe son tornate è l'apparente facilità con cui l'autore sembra destreggiarsi tra i generi (che sia commedia, horror o azione) dosandoli sempre con estremo equilibrio, senza mai prediligerne uno in particolare, così da non correre il rischio di apparire parodico verso nessuno di questi.
E' di certo una dote riscontrabile in molto cinema iberico (basti pensare a come Almodovar ha saputo giocare coi generi in film come Kika o Tacchi a spillo) ma è come se in De La Iglesia tutto venisse portato all'eccesso fino a raggiungere un livello superiore.
Anche quando siamo certi di aver visto tutto, lui ci stupisce con un finale catartico e dissacratorio di rara potenza visiva.
L'impressione è quella di un autore che non ha la minima idea di cosa siano i limiti e che qualsiasi idea gli venga in mente, anche la più assurda ed esagerata, tenda poi a fare di tutto per metterla in pratica.
Ecco allora che Le streghe son tornate finisce per assomigliare molto a una di quelle speziatissime pietanze spagnole piene di ogni ben di dio che tanto fanno inorridire i salutisti più ortodossi.
Caldamente consigliato a chiunque quindi.
Tranne forse agli spettatori più salutisti.

La frase:
"Le donne non pensano mai quello che sembra che pensino. Non so a che cosa, ma pensano a un'altra cosa".

a cura di Fabio Giusti

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