La donna di Gilles
È madre di due gemelle ed è in attesa del suo terzo figlio, ma Elise è soprattutto la moglie di Gilles. Lui è l'uomo che ama e che ad ogni fine giornata aspetta con ansia a casa, sbirciando dalla finestra della cucina se tarda ad arrivare. Gilles è un uomo semplice, lavora agli altiforni come molti degli abitanti del villaggio ed è sereno: la sua vita e la sua famiglia lo soddisfano e lo rendono felice. Messe a letto le bambine i due coniugi passano la sera in cucina: si guardano, divisi solamente dalla tavola di legno grezzo dove cenano, si desiderano e si amano profondamente.
Ma quando la sorella più giovane di Elisa, Victorine, si inserisce in quell'equilibrio perfetto tutto si confonde e vacilla. La giovinezza e l'entusiasmo passionale di quest'ultima sconvolge Gilles che di lei si innamora perdutamente.
Dopo i primi dubbi del tradimento, Elisa deve rendersi all'evidenza e alla terribile rivelazione del marito reagisce con una comprensione inattesa ma non meno tragica. La macchina da presa del regista francese Frédéric Fonteyne, di cui nel '99 avevamo apprezzato la sua "Relazione privata", si fa più vicina alla protagonista, osservando ogni più piccolo dettaglio di quella inaudita sofferenza e della altrettanto incomprensibile decisione a ritrovare la perduta serenità. Una sempre più dolente Elisa attende con il medesimo amore alle sue mansioni, aggiungendo le necessarie attenzioni nei confronti dell'insana passione di Gilles. La sua constante sofferenza è così messa in secondo piano in nome della relazione coniugale, della famiglia. Concentrata su questo "salvamento", Elisa perde inesorabilmente la propria essenza e vitalità, tutto ciò insomma che ogni giorno fino a quel momento l'ha resa forte e appassionata. Segue ogni sguardo di Gilles, lo segue e lo sostiene nella sua insana passione certa che presto o tardi gli passerà.
E così è. A Gilles, con lo buone o le cattive l'amore per Victorine gli passa. Ma nonostante la ritrovata consuetudine famigliare Elisa non riesce a recuperare la sua serenità. Le sue poche lacrime rivelano un malessere insanabile, mentre i suoi gesti quotidiani non lasciano trasparire più alcuna placidità.
Uno splendido racconto in cui le atmosfere sembrano sospese in un'era senza tempo, ricordando quelle dei romanzi di Simenon, in cui i personaggi vivono ai margini della propria vita lasciando che il resto del mondo li dimentichi.
La regia di Fonteyne non lascia nulla al caso, ogni fotogramma è intensamente concentrato sul viso mobile e affascinante della protagonista, una eccezionale Emmanuelle Devos. Splendido momento della Mostra.

Valeria Chiari

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