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La banda dei Babbi Natale
Aldo (Aldo Baglio) fa il mantenuto: vorrebbe trovare un lavoro che gli piace veramente, ma nell’attesa di ottenerlo vive a spese della compagna Monica (Silvana Fallisi) e non riesce a perdere il vizio delle scommesse. Il dongiovanni Giovanni (Giovanni Storti) gioca invece coi cuori altrui e conduce una doppia esistenza come marito e fidanzato tra Milano e Lugano, esercitando come veterinario in entrambe le città. Giacomo (Giacomo Poretti), infine, è uno stimato medico ospedaliero ormai vedovo da anni, ma è incapace di lasciarsi andare il passato alle spalle e riconoscere l’amore – persino se gli si offre su un piatto d’argento. Tutti e tre, però, improbabili compagni di squadra alla bocciofila, spendono parte della Vigilia di rosso vestiti e appesi ad un misterioso balcone. Che siano la temutissima banda di Babbi Natale, noti topi d’appartamento ancora uccel di bosco? Il commissario Irene Bestetti (Angela Finocchiaro) non può saperlo con certezza, ma s’impegna a interrogarli e a scoprirlo prima di correre a casa a far tortellini. Mentre la spesa per il cenone, intanto, inizia a scongelarsi...
"Sai cosa ci fanno quattro maiali sul divano? I porci comodi". Freddure da asilo nido a parte, il tentativo dei tre può dirsi perfettamente riuscito: merito dell’apprezzabile regia di Paolo Genovese (Incantesimo napoletano), gradita riconferma, ma anche – e soprattutto, forse – merito di una sceneggiatura davvero ben costruita e di un impianto narrativo in perfetto equilibrio tra flashback, flashforward e guizzi onirici in calzamaglia. Le risate ci sono, anche quelle di pancia. Ma i nostri eroi, ormai inconfondibili come novelli Pippo, Topolino e Paperino (il tontolone, il saputello, lo sfortunato), sembrano conoscere a menadito il limite oltre il quale arrestarsi per restare entro i rassicuranti confini d’un umorismo d’impianto classico, clownistico, dolcemente nonsense. Dopo il discutibile esito de Il cosmo sul comò, il trio è tornato, vestito (è il caso di dirlo!) a festa, e conquista lodi sperticate da parte di critica e, si spera, pubblico. L’argomentazione che giustifica tanta accoglienza positiva è familiare: il felice ricorso alla summenzionata comicità poco boccaccesca, da anti-cinepanettone, ben si sposa ad uno script equilibrato e piacevole che, pur richiamando uno humour d’altri tempi, riesce a farsi beffe persino del buonismo natalizio – trappola "di stagione" spesso inevitabile. Ma è sufficiente a far gridare al miracolo? Forse sì, se lo standard di genere con gli anni s’è tanto abbassato. Tempi tristissimi per chi vuol far ridere, questi.
La frase:
- "Si sdrai"
- "Supino?"
- "Ma no, sul lettino!"
Domitilla Pirro
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