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Segnali dal futuro
Ricordando principalmente "Next", che interpretò nel 2007 sotto la regia di Lee Tamahori, Nicolas "Ghost rider" Cage veste i panni del professore di astrofisica John Koestler, alle prese con terrificanti predizioni sul futuro contenute in un’apparentemente insensata serie di numeri che, riportata su un foglio da una ragazzina nel lontano 1959, è rimasta custodita per mezzo secolo all’interno di una capsula del tempo.
D’altra parte, pur ricordando vagamente, nella fotografia e nella rappresentazione generale, certi prodotti degli Anni Settanta alla "Terrore dallo spazio profondo" di Philip Kaufman, è proprio dalla fantascienza cinematografica del decennio in cui nacque il rock’n’roll che Alex Proyas – autore de "Il corvo" e "Io, robot" – sembra riprendere atmosfera e tematiche, richiamando alla memoria in parte "Ultimatum alla Terra", in parte i mitici telefilm della serie "Ai confini della realtà".
Una fantascienza che sfruttava soprattutto l’allora dominante paura nei confronti della Guerra Fredda quale possibile causa della fine del mondo, qui sostituita con ancor più inquietanti fobie derivate dal terrorismo e dal dilagante inquinamento atmosferico.
Ma non mancano neppure evidenti riferimenti visivi allo spielberghiano "Incontri ravvicinati del terzo tipo" e alle catastrofi inscenate da Roland "Independence day" Emmerich nel corso delle circa due ore di visione che, incentrate sui continui tentativi attuati dal protagonista al fine di impedire le diverse tragedie annunciate, individuano il loro argomento cardine nell’estremo sacrificio che un genitore si trova spesso costretto ad affrontare in nome della protezione dei propri figli.
Ed è sicuramente la disastrosa sequenza ambientata sulla metropolitana a rappresentare uno dei migliori momenti dell’operazione che il regista di origini egiziane, mai rivelatosi un maestro nel generare tensione su celluloide, confeziona amalgamando con sufficiente professionalità idee e situazioni già viste altrove e guardando più al M. Night Shyamalan di "Signs" e di "E venne il giorno" che ai suoi precedenti lavori (tutti qualitativamente al di sopra della media, comunque).
La frase: "Io non credo che qualcuno possa predire il mio futuro. Comunque che importa? Moriremo tutti alla fine".
Francesco Lomuscio
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