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Kick-Ass
Come mai nessuno ha mai provato ad essere un supereroe? E’ da questo interrogativo che potremmo partire per parlare di "Kick-Ass", lungometraggio cinematografico che il londinese Matthew Vaughn – regista del thriller "The pusher" e del fantasy "Stardust" – ha tratto dall’omonimo fumetto scritto da Mark Millar e John S. Romita Jr.
Già, perché, con un incipit che, non privo di un certo macabro senso dell’umorismo, sembra quasi riportare alle atmosfere delle fanta-storie per ragazzi degli anni Ottanta, quella che ci viene raccontata è la vicenda dello sfigato adolescente newyorkese Dave Lizewski, il quale, con le fattezze dell’ottimo Aaron Johnson di "Nowhere boy" (2009), decide di indossare una tuta subacquea verde e gialla comprata su internet per diventare Kick-Ass, maldestro giustiziere privo di superpoteri presto affiancato dall’agile Big Daddy e dalla figlia Hit Girl, rispettivamente interpretati da un Nicholas Cage al suo meglio e dalla Chloe Moretz di "(500) giorni insieme" (2009).
Quindi, mentre fa la sua entrata in scena anche Red Mist, in realtà Chris D’Amico alias Christopher Mintz-Plasse, figlio di un potente criminale locale, i circa 117 minuti di visione – tra i cui produttori vi è perfino Brad Pitt – che prendono progressivamente forma svolgono la principale funzione di mostrare la dolorosa evoluzione di un supereroe fatto in casa che, memore forse della lezione dei protagonisti di "Mystery men" (1999), altro non rappresenta che la tanto desiderata rivincita del nerd.
Un supereroe la cui unica, particolare dote pare sia quella di essere "invisibile" agli occhi delle ragazze quando è in borghese e del quale Vaughn, pur spingendo meno sul pedale della crudezza e della cattiveria rispetto a quanto mostrato nel comic book, racconta la genesi senza rinunciare a momenti di splatter e ad un flashback d’animazione disegnato proprio dal succitato Romita Jr.
E, ovviamente, lo fa ricorrendo ad abbondanti dosi d’ironia, mentre, supportato anche dall’efficace montaggio a firma di Eddie Hamilton, Jon Harris e del vincitore del premio Oscar Pietro Scalia, regala non poche emozioni sfruttando a dovere una ricca colonna sonora che, tra la morriconiana "Per qualche dollaro in più" e "Bad reputation" di Joan Jett & The Blackhearts, pone su due diverse sequenze di violenza "(Banana splits) Tra la la song" dei Dickies e "Battle hymn of the Republic" di Elvis Presley.
Riuscendo a costruire una coinvolgente macchina dell’entertainment su celluloide destinata a divertire lo spettatore senza annoiarlo mai, oltre a ricordargli che bisogna rimanere con i piedi sulla terra anche quando si sogna e, parafrasando la mitica frase di Spider-man, che non è vero che, se non hai potere, non hai responsabilità.
La frase: "A un certo punto della vita tutti vogliono essere supereroi".
Francesco Lomuscio
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