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Jupiter - Il destino dell'universo











Dopo la parabola mostro-letterale di “Cloud Atlas” diretto a 4 mani, anzi 6, assieme a Tom Tikwer, i Fratelli Wachowski tornano alle atmosfere tardo punk post moderne che avevano caratterizzato gli ultimi due episodi della saga di “Matrix” – trilogia per la quale hanno conquistato un posticino nella storia del cinema di fantascienza -, e ci presentano un prodotto tanto vuoto e leggero nei contenuti quanto spettacolare negli effetti speciali e nelle tecniche di ripresa.

Iniziamo con le dolenti note stigmatizzando in negativo il confuso ondeggiare che il film denota tra lo spirito favolistico della ragazza (Cenerentola) che di mestiere pulisce le case dei ricchi per poi scoprire di essere di sangue reale (anzi imperiale) e le ambizioni di ispirarsi a pilastri della letteratura SF come “Dune”, tanto per fare un nome a caso… E così, ammiriamo le dolci melliflue fattezze dell’avvenente Mila Kunis, ripresa come nella più accurata delle Soap Opera: primi piani per mostrarci degli occhioni da cerbiatta, sorrisini amari da reginetta della festa a cui hanno rubato la corona, sospiri da cuscino profumato di lavanda… Il tutto sul forte e muscoloso petto di Channing Tatum, metà lupo e metà uomo alla disperata riconquista delle ali che per un’ingiustizia gli sono state resecate… Tipico esempio della morbosa quanto fervida fantasia di Lana e Andy (Wachowski), Caine (il personaggio per l’appunto interpretato da Tatum) incarna a perfezione quel gusto per l’ibrido (e l’incompiuto) che spesso caratterizza le creature partorite dalle menti degli autori. La coppia di bei ragazzi che svolazzano nei cieli di Chicago è probabilmente tra le cose migliori del film, così come stucchevoli e poco convincenti appaiono le loro schermaglie amorose.
Ed in effetti, i Wachowski, tolti dal loro elemento naturale delle riprese vorticose, degli inseguimenti mozzafiato, dell’uso degli Special Effects (oggi più che mai glorificati dal 3D di cui i registi esaltano ogni peculiarità), segnano il passo non convincendo e mostrando grave impaccio nella terra dei sentimenti e delle relazioni. Le scenografie però dei mondi che si visitano sono impressionanti, caratterizzate dagli elementi che distinguono chi vi comanda: sontuose ricostruzioni che in parte attutiscono la delusione per una storia banale quanto poco originale. Alla base c’è l’eterna lotta per il potere e la ricchezza che ne deriva, l’imperitura aspirazione dell’essere umano all’immortalità, il concetto di Tempo, unico vero ed essenziale bene da conquistare.
Per certi versi, un film imbarazzante se paragonato, per esempio, ad “Interstellar”: è un po’ come passare da Topolino alla Divina Commedia (con tutto il rispetto per Mickey Mouse).

La frase:
"Quanti anni ho? Poco più di dodicimila...".

a cura di Daniele Sesti

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