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Izo
È più pervicace di Terminator, è vestito come Conan il Barbaro, ha la stessa voglia di vendetta del Corvo, una maschera da Pulcinella ed è costantemente insanguinato come il Cristo di Gibson. Lui è Izo, un guerriero, un samurai talmente spietato e sanguinario da essere condannato a morte. La sua anima però non trova pace, la sete di vendetta lo consuma e lo intrappola in un limbo a metà strada fra la vita e la morte. Il suo odio e il suo rancore ben presto lo trasformano in un demone: alla sua leggendaria bravura di spadaccino si accompagna ora l'immortalità. Chi potrà fermarlo? Dal mio modesto punto di vista, la testa di Miike è come un enorme frullatore in cui vengono mixati tutti gli stimoli (visivi, sonori, olfattivi) che l'autore percepisce. Il risultato è un miscuglio di generi diversissimi fra loro, che vanno dalla commedia all'horror, senza tralasciare il fantastico e lo splatter. Anche le citazioni letterarie o pseudo tali si sprecano e Baudelaire si ritrova a convivere con Shakespeare e con i famosi detti cinesi. Un cantastorie (che a me ha fatto pensare al gallo che inframmezzava le avventure del Robin Hood di disneyana memoria) con la sua inusuale (o almeno per l'immagine che abbiamo noi occidentali del Giappone) chitarra sottolinea i momenti più peculiari, e si aggira per la scena quasi alla stessa stregua dei fantasmi cantando improbabili canzoni popolari. Sotto i fendenti del guerriero, antieroe per eccellenza, cadono bambini, donne, vecchi e giovani, tutti abbattuti con la stessa freddezza, con lo stesso cinismo e la stessa rabbia. Izo potrebbe risultare odioso, ma non si può non prendere le sue difese: in fondo è una povera anima in pena, lontana dalla grazia divina, alla ricerca di un suo riscatto (e poi le sue urla più che fare paura e incuotere terrore fanno sorridere!). I suoi occhi di brace, le grida esagerate e i suoi denti da vampiro lo rendono una caricatura di tutto ciò che abbiamo sempre pensato di un samurai. Il Tarantino d'oriente, come da più parti viene definito Miike, non ha paura di cimentarsi con una specie di filmografia assolutamente particolare: o la si ama o la si odia, non è possibile uscire dalla sala e pensare "si, in fondo non è un capolavoro, ma mi è piaciuto". Per perseguire i suoi fini scomoda persino Takeshi Kitano, (Beat Takeshi, come ogni volta che passa davanti alla macchina da presa) il quale impersona un serioso "ministro" che tenta di fermare il malvagio Izo. Risultato apprezzabile se non si ha lo stomaco delicato...
Teresa Lavanga
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