Initial D
Presentiamo subito il regista Andrew Lau: in pratica è colui che ha partorito quell'ottimo Infernal Affairs, l'opera di cui il grande Martin Scorsese sta girando il remake americano "The Departed".
Insomma, è un regista duro e puro, ornato di ogni sorta di premio hongkongese, di sicuro non il primo incapace arrivato dal nulla.
Motivo per cui ancora non riusciamo a pensare come diavolo abbia tirato fuori un'opera tanto inutile quanto vuoto come Initial D.

Certo, è senz'altro un film senza pretese; aggiungiamo pure che è tratto da un manga commerciale e quindi è inutile pretendere analisi d'introspezione sulle vicende narrate.
Eppure Lau sembrerebbe aver perso pure il suo smalto con la macchina da presa: lo spazio filmico non è preso minimamente in considerazione, mostrandoci perciò scene di corse in macchina addirittura peggiori di quell'inguardabile Fast & Furious. E comunque, è assolutamente inutile nascondersi dietro il manga da cui è tratto l'opera, perché la bellezza del Cinema sta proprio nella libertà registica di appropriarsi dell'altra opera rendendolo personalmente suo, personalizzarlo col proprio tocco autoriale.
Di Initial D invece non c'è assolutamente nulla che possa definirsi "di Andrew Lau", manca di quella sensibilità psicologica nella delineazione dei personaggi, che certo non sono stereotipati, ma al contrario, vuoti ed inutili, proprio come zombie morti viventi che camminano per il set senza una direzione.

Insomma, possiamo definire Initial D un film fantasmatico: il regista è uno spirito fluttuante che c'è ma non sembra esserci in quanto invisibile; stessa cosa per gli attori, che si divertono a fare le belle statuine immobili.
A controllare la narrazione di quest'opera è, sbagliatamente, il montatore, che gestisce il tempo filmico donando comunque una certa dinamicità adrenalinica, completata poi dalla colonna sonora molto energetica.
Eppure è ancora inconcepibile immaginare un film come Initial D. Non solo pensando che il regista è lo Scorsese d'oriente, ma anche e soprattutto perché è vera offesa per la settima arte detta anche Cinema.
Ma il mistero più grande è: Che diavolo ci fa questa pellicola qui al Festival di Venezia?
La parte negativa della Politique des Auteurs, a quanto pare, è ancora pericolosamente dilagante, come una malattia tra pseudo cinefili.

La frase: "Sai che cos'è un Dio?. E' solamente un uomo capace di fare cose che gli altri non sanno fare. Per questo è diventato Dio"

Pierre Hombrebueno

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