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I mostri oggi
Terza, ritardataria parte (con tre delle mini-storie a fare da omaggi dichiarati ai titoli predecessori) della formula ad episodi della commedia sulle degenerazioni nazionali, a circa 32 anni dalla seconda e 46 anni da quella d’esordio. E proprio gli stessi produttori della prima hanno contattato, per la scrittura, alcuni figli d’arte di genitori già coinvolti nelle due passate: Silvia Scola (il padre Ettore è tra i registi de "I Nuovi mostri") e Giacomo Scarpelli (il padre Furio è tra gli sceneggiatori de "I Mostri").
L’immigrazione, l’omosessualità e l’handicap rappresentano alcune delle "categorie" vittime, il nucleo famigliare - condizionante - è più un peso e un concentrato di egoismi che un sostegno, come droghe di massa appaiono il calcio, i videogiochi e soprattutto la TV, che ormai è entrata nella realtà determinandola. Per cui ha uniformato la lingua collettiva (si sente poco accento dialettale), invia troupe in cerca della pornografia delle emozioni oppure, ad un’orazione funebre, la star della fiction che si presta ad autografi e fotografie. I soldi - e l’ostentazione del lusso, vero o virtuale – restano motore e aspirazione di un popolo che comunque si arrangia ("non sono un problema, si trovano"), con ragazzine pronte a sedurre e ricattare pur di comprarsi vestiti visti in vetrina, chi vive di sotterfugi tra piccoli imbrogli, acquisti a rate ed usurai ("Euro più euro meno", l’episodio più dolce-amaro e convincente), passando per un ricevimento al caviale (dove i convenuti si dimostrano dei rozzi arricchiti) fino ad arrivare agli evasori fiscali. Aveva già tentato l’approccio sociologico leggero altre volte nella sua carriera il regista e co-sceneggiatore Enrico Oldoini, e qui, per evitare noie, ci mette un solo prete ed evita i politici. Se un tempo le mostruosità si celavano dietro l’apparenza perbenista, ora sono drammaticamente prevedibili e, al pari della loro superficialità, letali per uno spettacolo cinematografico che - oltre ad inseguire la risata facile – aspiri a far riflettere,
se non addirittura alla satira di costume.
La frase: "Tutto al minimo teniamo".
Federico Raponi
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