Immortals
Prendete il filone d’appartenenza di "300" (2006) di Zack Snyder – del quale i produttori furono gli stessi Gianni Nunnari e Mark Canton – e aggiungete una spruzzata di "Scontro tra Titani" di Louis Leterrier, da cui proviene anche il Luke Evans qui impegnato a vestire i panni di Zeus.
Con l’Henry Cavill della serie tv "I tudors" nel ruolo del semplice contadino Teseo, intento a vendicare la morte della madre avvenuta durante un attacco del sanguinario Re Iperione alias Mickey Rourke, il cui obiettivo è risvegliare il potere dei Titani per conquistare gli dei dell’Olimpo e tutta l’umanità, quello che si materializza progressivamente sullo schermo è l’ennesimo racconto epico fatto di tradimenti, vendette e destino – questa volta sotto la regia dell’indiano Tarsem Singh, che esordì con il thriller "The cell - La cellula" (2000).
Racconto che, nel tirare in ballo anche Fedra, l’Oracolo Sibilla con le fattezze della Freida Pinto di "The millionaire" (2008), s’immerge efficacemente in cupi toni da fumetto, quasi horror.
Del resto, in mezzo alla tanto eroica quanto erotica "ammucchiata" di palestratissimi corpi maschili (e non solo), non sono certo abbondanti dosi di splatter a mancare nell’insieme, il cui script – concepito da Charley e Vlas Parlapanides – sembra evidentemente rappresentare il pretesto per inscenare 110 veloci minuti di visione a base di violenza e momenti d’azione ben distribuiti.
Ed è giusto che sia così, perché, al di là di un 3D piuttosto irrilevante e del consueto tripudio di effetti digitali, che, come sempre, rischiano soltanto di conferire al tutto l’estetica di un lungo videogioco, è proprio una certa, sfoggiata tendenza all’exploitation pura a permettere al lungometraggio d’intrattenere a dovere lo spettatore.
Exploitation tipica di una certa cinematografia volgarmente definita di serie b, ma della quale, pur trattandosi di una produzione ad alto budget, "Immortals" rispecchia diversi aspetti; a partire dall’ampio ricorso agli interni e ai campi stretti di ripresa.
Quindi, un blockbuster a stelle e strisce al cui interno si prova la forte impressione d’individuare il cuore di alcuni peplum sfornati tra gli anni Settanta e Ottanta dai nostri Bruno Mattei e Aristide Massaccesi; capace, con ogni probabilità, di divertire più i seguaci di quest’ultima tipologia di spettacolo che della prima.
La frase:
"Tutte le anime degli uomini sono immortali, ma le anime dei giusti sono immortali e divine".
a cura di Francesco Lomuscio
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