Il resto della notte
Francesco Munzi, regista dell’apprezzato Saimir, ci proietta nella quotidianità "clandestina" dei giorni nostri. Una famiglia bene nel nord Italia (nello specifico Brescia), una coppia di giovani romeni, un padre tossicodipendente alle prese con il figlio: le solitudini individuali, le paure di non riuscire a farcela, una rapina finita male, storie che si intrecciano e che ci consegnano un malessere di oggi più che mai vivo.
Se nel precedente successo, Saimir era un personaggio quasi eroico, che alla fine, nonostante l’ambiente in cui era cresciuto, le difficoltà economiche e sociali, trovava dentro di sé la forza di ribellarsi, in questo ultimo lavoro, Munzi ha preferito lavorare sulla complessità, sull’ambiguità, senza però mai perdere di vista l’umanità di ciascun personaggio.
Purtroppo qualche superficialità stilistica la si scorge, come qualche stereotipo narrativo di troppo: dai rom–bambini intenti a derubare, fino alla figlia viziata dell’industriale del nord, si tentano di raccontare mondi differenti, fazioni di ricchi e poveri, francamente ben noti.
La cronaca di tutti i giorni, come si è visto, talvolta ha sovvertito questi luoghi comuni, talvolta li ha però tragicamente confermati.
Bisogna riconoscere, che al di là di qualche defezione, la pellicola ci mostra uno spaccato pressoché veritiero e più che mai vicino alla realtà di oggi, una società che appare in allerta e che ha paura del diverso.
Intoppi a parte, il film risulta ben costruito, in particolare per l’apprezzabile lavoro su alcuni personaggi.
C’è la malinconia e il malessere di Sandra Ceccarelli, brava ancora una volta, nei panni della signora borghese, risentita e tradita dal mondo, ma non solo.
C’è Stefano Cassetti, l’ottimo Roberto Succo di qualche anno fa, ri(posseduto) dal demone violento, della droga, capace però di gesti d’affetto sinceri nei confronti del figlio.
E poi c’è lo straniero che (non) ti aspetti, che vive di piccoli furti, ma che nasconde l’animo premuroso e affettuoso per il fratello e per l’amore ritrovato.
Storie che vanno ad intersecarsi, periferie lontane, ma che nello stesso tempo sono così vicine, per contrasti e incomprensioni, e che alla fine, drammaticamente, non risparmiano nessuno.
La pellicola, ben accolta all’ultimo Festival del Cinema di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, è stata forse un pò offuscata dai Garrone e Sorrentino, ma non per questo ha tradito le aspettative di un cinema italiano fortemente rinato e che dalla Croisette è tornato trionfante.

Andrea Giordano

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