Il padre e lo straniero
E’ tratto dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo il nuovo film di Ricky Tognazzi che torna alla regia dopo "Canone Inverso" (2000) e "Io no" (2003). Ne "Il padre e lo straniero" troviamo il regista di "Vite strozzate" alle prese con una difficile (in tutti i sensi) storia di integrazione.
Diego (interpretato da Alessandro Gassman) è il padre del piccolo Giacomino, un bambino disabile con problemi motori. Durante una visita a un centro di riabilitazione, Diego conosce Walid, un arabo padre a sua volta di Yusef, un bambino nato con una grave malformazione. Tra i due nasce una profonda amicizia che li porterà a capire il vero significato della parola "diverso"...
Ancora una volta ci troviamo ad affermare una innegabile verità: scrivere un libro non equivale a scrivere un film. La sceneggiatura per un film è una cosa completamente diversa dalla stesura di un romanzo. Va detto questo perché chi scrive, a onor del vero, non ha letto il romanzo di De Cataldo da cui questo film è tratto, ma considerando che lo stesso De Cataldo ha curato soggetto e sceneggiatura, e visti i risultati, ci sentiamo di affermare (ancora una volta) che scrivere un libro e scrivere un film sono evidentemente due cose profondamente diverse. E chissà che un dubbio in merito, a qualcuno delle produzioni non venga.
In attesa della rivelazione tocca adeguarsi. Mettersi comodi, inspirare profondamente e prepararsi all’ennesimo "frullatone" di intenzioni tutto italiano. Ma lo ripetiamo, non è un problema di regia (Tognazzi dimostra in più occasioni di non essere uno sprovveduto), ma di sceneggiatura. Nello script, il bravo Alessandro Gassman si muove per tutto il film chiedendo cosa stia succedendo, e questo malgrado i dialoghi (improbabili) ci spieghino di continuo "chi è chi" e "perché". La prima parte del film, poi, è una lunga spiegazione delle usanze arabe, interessantissimo in un documentario, ma un po’ ridondante in un "thriller". Sì perché questo "Il padre e lo straniero" assume i connotati della spy story nella seconda, prolissa, parte, con tanto di passato nei servizi segreti e interrogatori portati da un poco convinto detective che risponde al nome del grande Leo Gullotta. Peccato, inoltre, che al fatidico "dunque" il film non spieghi la trama. Incredibile, ma vero. Non sapremo cosa sia effettivamente accaduto nel film!
Tralasciamo in questa sede, invece, di parlare dei "messaggi" più o meno velati che la regia di Ricky Tognazzi inserisce con grande modestia. In un momento ad esempio uno dei personaggi dice: "Ho la freccia rotta, allora girerò sempre a sinistra!"; in un altro, un prete, che dice cose sconvenienti nei confronti del bambino disabile, viene cacciato in malo modo. Insomma, ma perché?
Quindi, "Il padre e lo straniero" è un film di buone intenzioni, ma che si perde in un labirinto di problemi formali che, oltretutto, finiscono per scontrarsi con dubbie motivazioni registiche. Potremmo dire: inaccettabile. Diciamo: improponibile.
La frase: "Se soffi sul suo viso capisci come sta".
Diego Altobelli
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