Il commissario Torrente - Il braccio idiota della legge
Esce in Italia il quarto episodio del film che in Spagna segna da quindici anni a questa parte il primato al box office e che supera puntualmente i concorrenti, seppur molto famosi: basti pensare che il terzo episodio del 2005 ha addirittura superato gli incassi di "Star Wars Ep. III: la vendetta dei Sith". Il film continua sulla stessa linea drammaturgica del passato e batte imperterrito il ferro sulla volgarità più becera, vantandosi di ciò che – forse – il perbenismo puritano censurerebbe volentieri.
Santiago Segura, il creatore del commissario, dirige e interpreta lo stesso meschino e antieroico personaggio che è suo cavallo di battaglia dal 1998 e si inventa una rocambolesca quanto improbabile spy-story che diventa pretesto per sfoggiare la comicità tipica della serie. Torrente se la cava come può. Torrente continua a scroccare soldi per andare nei locali hard. Torrente sub-affitta l’appartamento a 30 extracomunitari. È sempre a caccia di donne, di sesso, di soldi, di cibo.
Qui da noi il film risulta un’eco dei cinepanettoni che imperversano da tempi immemori e che ultimamente segnalano un deciso calo di popolarità; i tempi del riso, il sesso come comune denominatore delle gag prdono un po’ il mordente di questi tempi ma il regista spagnolo non si abbatte e segue fedelmente questa linea di pensiero. Segura aggiunge qualche minima citazione al cinema di genere e confeziona il pacchetto pronto per un pubblico che vuole distrarsi al cinema, e ridere di cuore.
Il problema di cui il film non tiene conto è che questa comicità non attecchisce più nemmeno sugli afecionados del genere. Il susseguirsi di seni, fondoschiena e pose provocanti stufa anche il più accanito voyeurista; il continuo riferimento all’omosessualità come difetto comico, al becero razzismo, all’ignoranza come causa comica, non provoca più riso. Questo sconfinamento ad oltranza del censurabile ha di fatto "fatto" dimenticare su cosa si rideva: non c’è più la serietà da sdrammatizzare, non c’è più il perbenismo da demolire, non c’è più il censore da dissacrare. Contro chi si muove questa volgarità che aspira al riso? Non c’è più nessuno da smitizzare. La sequenza ininterrotta di accenni alla masturbazione, alle puttane (parola in assoluto più utilizzata nel film), al sesso, ci porta a sorridere in maniera sorprendente della comicità sulle feci e sulla loro sgradevole presenza: sicuramente l’elemento più innocente che si ritrova nel lungometraggio.
Insomma, il film accompagna lo spettatore in una deriva imprecisata nel mondo del riso, perdendosi in esso, e scimmiottando ciò che un tempo era la satira, l’ironia e l’umorismo.
Questa critica dura deve senz’altro prendere in considerazione che "il commissario Torrente" è un film con una forte impronta culturale e nazionale. Anche questo può aver provocato in chi scrive un senso di disagio e di incomprensione, causato anche da una lontananza culturale dalla Spagna che probabilmente ha un senso del limite e dell’uncensored diverso dal nostro.
La frase:
"Io sono Jose Luis Torrente".
a cura di Matteo Brufatto
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