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Il castello magico











Quando si parla di cartoni animati, siano essi derivati dai migliori disegni o in computer grafica, la tendenza è quella di approfondirne la storia per scoprire se il film possa andar bene non solo per i bambini. Nel caso de Il Castello Magico la conclusione è più o meno lo stessa, ma la modalità con cui ci si arriva non è tanto legata allo script, quanto in alcune scelte stilistiche che ne maturano l'impatto iniziale. Questa produzione belga, dai creatori de Le Avventure di Sammy, benché non dominata da micro-dettagli rifiniti all'ultimo pixel o dalle tre dimensioni, ha la capacità di farsi apprezzare nella sua leggerezza e nella voglia di raccontare una storia sul modello fiabesco.
Il protagonista è Tuono, un gattino che è stato appena abbandonato dai suoi proprietari. Spaesato, troverà rifugio dentro una gigantesca casa che, si mormora, sia stregata. Qui, infatti, tutto sembra bizzarro: dallo stravagante vecchietto Lawrence, padrone di casa, fino agli utensili animati e agli animali parlanti, compresi un coniglio troppo cresciuto e una topolina impertinente. A parte qualche problema di ambientamento, sembra il posto giusto dove Tuono può trovare una nuova famiglia. Ma c'è Daniel, il nipote del vecchietto, che vuole vendere la casa così da poterne intascare il ricavato.

Dentro Il Castello Magico, diretto da Ben Strassen e Jérémie Degruson, ci sono tutti gli ingredienti della fiaba: il protagonista, i suoi comprimari e l'antagonista. Specie nella sua prima parte, è quello che potremmo definire un film-interattivo, quasi un videogioco. Da padrone la fanno soggettive dal punto di vista del gattino, precise e mature scelte registiche che aiutano lo spettatore, anche quello più piccolo, ad essere non solo in simbiosi con il protagonista, ma protagonista stesso.
Pur restando pieno d'azione, in alcuni tratti il film riesce ad essere sorprendentemente lento, aspetto inusuale in un cartone animato. Come il gatto esplora a piccoli passi il suo nuovo territorio, anche il pubblico deve essere inserito gradualmente nello spettacolo.
Col passare dei minuti si perde però quel senso di magia che permaneva fintanto che il vecchietto era il cardine indiscusso della storia, l'artefice del “magico”. L'intreccio si scontra con una ripetitività delle situazioni che perdono l'aurea che possedevano all'inizio e chiariscono che non c'è più lo spazio per sorprendersi.
Manca poi una parentesi, una trovata che approfondisca perché il castello sia magico. Una domanda che all'inizio sembra voler trovare una risposta, persa poi nel vuoto.
Divertendo meno e non esagerando con gag strappa-risate, proprie di molti pari-genere, Il Castello Magico si perde un po' col passare del tempo, ma regala una godibile pellicola non di marcata originalità, ma con un cuore.

La frase:
Lawrence (il vecchietto): "Casa di riposo? Ma quella è per i vecchi".

a cura di Matteo Colibazzi

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