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Hysteria











A tutt’oggi è il gadget erotico più venduto, ma mai ci saremmo potuti immaginare che, prima o poi, qualcuno avrebbe raccontato in un lungometraggio cinematografico la genesi del primo vibratore elettromagnetico.
Proprio così, introdotto dalla didascalia "Questo film è basato su fatti realmente accaduti... sul serio" e ambientato a Londra negli anni Ottanta dell’Ottocento, quindi al culmine della pruderie vittoriana e agli albori dell’era dell’elettricità, il terzo film diretto dall’americana classe 1970 Tanya Wexler pone Hugh Dancy di "I love shopping" (2009) nel ruolo del giovane medico Mortimer Granville, il quale, perduto il posto nell’ospedale in cui lavora per la sua fiducia incrollabile nella "teoria patogenetica", trova impiego come assistente del dottor Robert Dalrymple alias Jonathan Pryce, il "maggior specialista londinese di medicina femminile".
Vicenda destinata a delineare il rapporto tra un uomo prudente e una donna emancipata dal momento in cui Mortimer, impegnato ad apprendere la tecnica di "massaggio manuale" attuata da Dalrymple per curare l’isteria che sembra aver colpito un notevole numero di donne, non solo si ritrova fidanzato con la figlia minore dell’uomo, ma finisce per dover fare i conti con l’irritante sorella di quest’ultima, paladina dei diritti della femmina che, interpretata da Maggie Gyllenhaal, accusa sia lui che il padre di ciarlataneria.
Ma è soprattutto il personaggio di Edmund St. John-Smythe, con le fattezze di Rupert Everett, nonché inventore progressista amico di lunga data del protagonista, a rappresentare l’elemento fondamentale per la creazione del citato oggetto del desiderio, mentre la narrazione viene tempestata di divertenti visite vaginali alle diverse clienti; tra le quali una signora Castellari (si tratterà di un omaggio al regista de "Il grande racket"?) che canta quando prova piacere.
Perché, in fin dei conti, sebbene l’insieme si presenti nelle vesti di "commedia d’autore", è un certo retrogusto da b-movie ad emergere nel corso dei circa 99 minuti di visione, non privi di una parte processuale e di una costruzione generale che quasi richiama alla memoria "Ladri di cadaveri - Burke and Hare" (2010) di John Landis.
Del resto, in qualità di produttore esecutivo abbiamo anche il Michael A. Simpson che firmò il secondo e il terzo capitolo della serie slasher "Sleepaway camp", non c’è quindi da stupirsi se il gradevole spettacolo in questione – destinato a continuare anche durante i titoli di coda – si basa soprattutto su una comicità di taglio popolare, forte anche dell’ottimo cast.

La frase:
"Pochissimi medici nella storia possono vantare un risultato simile".

a cura di Francesco Lomuscio

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