Hunger
Steve McQueen. Si chiama curiosamente come l’eroe del vecchio cinema hollywoodiano, ma proviene dalla Gran Bretagna l’esordiente regista di "Hunger" (letteralmente "fame"), che si presenta come un vero e proprio pugno di celluloide nello stomaco dello spettatore.
Ambientato all’inizio degli Anni Ottanta, infatti, il lungometraggio racconta la rivolta attuata nel carcere nordirlandese di Maze dai detenuti dell’IRA (Irish Republic Army), i quali, al fine di costringere il governo inglese a conferire loro lo status di prigionieri politici, prima diedero il via ad uno sciopero dell’igiene, poi della fame, su iniziativa di Bobby Sands.
E, immerso nella bella fotografia di Sean Bobbitt ("Baciate chi vi pare"), ricca di contrasti e spesso caratterizzata da toni cupi, è il Michael Fassbender recentemente visto nell’horror "Eden lake" (2008) a incarnare quest’ultimo, impegnato a manifestare il proprio corpo quale strumento di protesta, fino ad una shockante ultima parte in cui viene mostrato perfino il suo progressivo deperimento fisico.
Ultima parte a cui si giunge soltanto dopo aver assistito ad un tanto crudo quanto realistico resoconto in cui McQueen, senza dimenticare colte analogie (si pensi alla sequenza del topo o a quella con la mosca), lascia parlare prima le immagini, tra celle talmente sporche che sembra quasi di avvertirne il puzzo al di fuori dello schermo, il lungo e inquietante corridoio del penitenziario e le violenze inflitte sui detenuti, caratterizzati da nudità tutt’altro che infarcite di carica erotica, poi i dialoghi, nel corso del lungo e coinvolgente confronto verbale tra il protagonista e padre Moran, interpretato con la consueta professionalità dal Liam Cunningham de "Il vento che accarezza l’erba" (2006).
Lungo e coinvolgente confronto verbale che, realizzato quasi senza stacchi di montaggio, permette di valorizzare ulteriormente la superba prova degli attori, mentre trova una spiegazione la più volte accennata tematica della corsa, simbolica e di grande importanza per la vicenda raccontata.
Non a caso, si è aggiudicato a Cannes la Caméra d’Or nella sezione Un certain Regard.

La frase: "Il crimine politico, la violenza politica, non esistono".

Francesco Lomuscio

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