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Honolulu Baby
Tempi difficili i nostri! Dobbiamo correre di qua e di là, cercando disperatamente di fare tutto nelle 24 ore a nostra disposizione: siamo inoltre costretti ad esprimerci in inglese nel tentativo quotidiano di non perdere il lavoro.
Insomma indubbiamente è una vita infernale e l'unico modo per sopravvivere a questo terremoto esistenziale è quello di riderne. Nichetti docet. Il suo ingegner Colombo è ritornato. Oramai adulto, sposato, ancora senza figli, assunto dalla Multinazionale cui tanto agognava in gioventù, ai tempi di Ratataplan, deve fare anche lui i conti con la "lingua ufficiale", l'inglese appunto, e con lo spauracchio del licenziamento. La sua vita è indubbiamente un pò monotona, ma partire per uno sperduto paese del Brasile, per una missione impossibile - trovare il petrolio - è decisamente troppo. Colombo nonostante cerchi di ribellarsi si ritrova a Malencias, tra 320 donne e con la compagnia e l'aiuto dell'unico uomo rimasto, un francese di nome Cri-Cri. In un inglese approssimativo e mescolando tutte le altre lingue parlate in quel minuscolo paesino, Colombo costruirà un acquedotto e invece del petrolio porterà l'acqua nella zona desertica.
Realizzato con sofisticati sistemi di edizione digitale, il nuovo film di Nichetti è pervaso di tutto l'ottimismo tipico del regista. Con la sua visione sorridente della vita e delle sue imperfezioni riesce ad accettarne i contrasti e le incoerenze. Persino il linguaggio sembra acquistare qui una sincera valenza internazionale, tutta dedita alla comprensione come valore fondamentale. Non è certamente l'inglese di Shakespeare: nel suo viaggio "linguistico" attraverso il mondo, il nobile idioma si è trasformato in una lingua globale diventando in un certo modo quell' "esperanto" a lungo meditato dalla Comunità Europea.
L'avventura di Colombo e dell'anziano francese Cri-Cri in una città popolata da sole donne non appare in nessun momento negativa o ambigua. È proprio qui l'arte di Nichetti, e degli attori con lui (Jean Rochefort nel caso specifico): riuscire sempre a far sorridere, e non solo per le situazioni francamente divertenti, ma per le atmosfere di semplice ironia e di divertente derisione che non è mai denigrazione. Il regista toglie realismo all'evento ma non lo rende meno vero; porta nel suo cinema il mondo al di là dello specchio - quello di Alice - mostrando così il riflesso della realtà senza distorsioni né forzature, solo più fantasioso e allegro.
Valeria Chiari
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