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Guardiani della Galassia











Come è facilmente intuibile già dalle immagini pubblicitarie del film, soprattutto nel corso della colossale battaglia pre-epilogo, non risultano certo assenti similitudini con la popolare saga fantascientifica “Star wars” all’interno di questo terzo lungometraggio cinematografico diretto da James Gunn, autore dell’horror zombesco “Slither” (2006) e della vicenda di supereroi fatti in casa “Super” (2010).
In realtà, però, è da un fumetto Marvel creato da Arnold Drake e Gene Colan nel 1969 – quindi, qualche anno prima che George Lucas concepisse su celluloide le imprese di Luke Skywalker e compagni – che deriva l’avventura spaziale intrapresa dall’audace esploratore Peter Quill alias Chris Pratt, inseguito dai cacciatori di taglie per aver rubato una misteriosa sfera ambita dal malvagio Ronan, ovvero Lee Pace, il quale minaccia l’intero universo.
Avventura che, con una breve apertura sulla Terra del 1988, provvede immediatamente a trasferire il suo protagonista tra le stelle, dove si vede costretto ad una scomoda alleanza con la letale ed enigmatica Gamora, interpretata da Zoe Saldana, il distruttore Drax, cui concede anima e corpo il wrestler Dave Bautista, il procione armato Rocket e l’umanoide dalle sembianze di albero Groot, ai quali prestano le voci – nella versione originale – Bradley Cooper e Vin Diesel.
Perché, man mano che il cast si arricchisce ulteriormente coinvolgendo Michael Rooker, Glenn Close, John C. Reilly e il vincitore del premio Oscar Benicio Del Toro, nonostante il 3D usato a dovere e l’abbondanza di elaborati effetti digitali è un sapore tutt’altro che distante da quello che caratterizzò i blockbuster d’intrattenimento a stelle e strisce risalenti agli anni Ottanta che si avverte durante le oltre due ore di visione, il cui legame con il “passato analogico” sembra essere rappresentato anche dalla presenza di una audiocassetta.
Sapore nostalgico che Gunn accentua anche tramite il ricorso alle ancora più vecchie hit incluse nella colonna sonora (si va da “Hooked on a feeling” dei Blue swede a “Cerry bomb” delle Runaways); mentre, grazie al suo consueto tocco ironico (citiamo solo il dialogo riguardante “Footloose” con Kevin Bacon), conferisce l’accattivante look di un movimentato b-movie realizzato con capitali hollywoodiani ad uno script che, in fin dei conti, in mano ad altri non si sarebbe rivelato altro che l’ennesimo pretesto per poter mettere in piedi una sequela di situazioni d’azione senza troppa inventiva.
Con apparizioni del marveliano Stan Lee e di Lloyd Kaufman, boss della trashissima casa di produzione Troma... fino ad un’ultima sorpresa posta dopo i titoli di coda.

La frase:
"Ci mancava anche il criceto a darmi ordini".

a cura di Francesco Lomuscio

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