Il caso Thomas Crawford
Di Thomas Crawford capiamo subito che si tratta di una persona fuori dagli schemi, sin dalla prime inquadrature quando lo vediamo giocare con uno dei suoi marchingegni fatto di complesse strutture di metallo lungo le quali scorrono biglie dorate. E’ un ingegnere aeronautico, preciso e meticoloso, esattamente come il piano che mette in atto per uccidere la moglie, che lo tradisce con un poliziotto, senza dover scontare la relativa pena che la legge prevede per l’omicidio.

Lo vediamo freddare la moglie con tre colpi di pistola, arrembarsi nella sua splendida casa per poi farsi arrestare. Dopodiché, il resto del film si impernia sulla battaglia tra Crawford e l’ambizioso procuratore della pubblica accusa che pensa di avere tra le mani il caso più facile della terra e che si ritroverà invece a che fare con una grossa gatta da pelare.

L’opera diretta da Gregory Hoblit si snoda nel solco del thriller processuale con la particolarità che tutti noi sappiamo chi è il colpevole senza però sapere come ha fatto a nascondere le prove.
Hoblit rappresenta il mistero che sottende a tutta la vicenda con un gusto tutto personale nell’uso del macchina da presa. Molto attento alla fotografia, propone spesso giochi di luce ed ombre ad enfatizzare le diverse personalità dei personaggi che trovano in Hopkins e Ryan Gosling due ottimi interpreti. L’alchimia tra i due, nei frequenti incontri/scontri funziona soprattutto nello scambio di ruoli, il gatto diventa topo e viceversa, che la trama dell’opera gli impongono.
Attori dal talento particolare che il regista dirige con sapienza lasciando loro campo libero nell’esprimere l’intero campionario di cui dispongono, gigionerie comprese. E forse è questo uno dei pochi punti deboli del film e cioè quello di vedere un Anthony Hopkins ancorato alle caratteristiche di personaggi ai quali già in passato aveva prestato tutta la sua bravura. I sorrisi, le mimiche, i piccoli tic, le movenze del corpo, in alcuni momenti ricordano troppo l’Hannibal Lecter di qualche anno fa. Gosling, invece, da attore emergente qual è, riesce a confermare tutto il buono fatto finora.

Il film comunque, scorre piacevole grazie anche ad un solido impianto che fa dei personaggi e delle relazioni tra loro uno dei punti di forza. I dialoghi sono all’altezza dei personaggi e contengono sempre un fulcro di interesse che favoriscono l’attenzione e la riflessione.

La frase: "Anche un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno".

Daniele Sesti

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