Exils
Romain Duris e Lubna Azabal sono i protagonisti di "Exils", ultimo lavoro del Premio Miglior Regia a Cannes 2004 Tony Gatlif. I due interpretano due fidanzati immigrati ormai integrati a Parigi, Zano e Naima, che un giorno decidono di percorrere a ritroso il tragitto che i genitori di lui erano stati costretti a fare da Algeri alla Francia anni prima.
Come vuole la tradizione, il tema cinematografico del viaggio costituisce ormai metafora del cosiddetto "viaggio interiore", quella ricerca e/o scoperta di se stessi che si realizza attraverso luoghi diversi, esperienze uniche e la conoscenza di nuove persone, nuove culture, nuovi usi e costumi; e lo stesso discorso vale, dunque, per il filo narrativo di "Exils", un film banale e allo stesso tempo presuntuoso.
La storia, infatti, è incredibilmente piatta e sterile nonostante la sua apparente dinamicità, dovuta, però, al montaggio frammentato, ai colori vivaci della fotografia, alla colonna sonora ritmata ed "urlata" e, soprattutto, alla caratterizzazione sopra le righe dei due personaggi, quello di lei in special modo: innanzitutto, i dialoghi sono pressoché inesistenti e, quando invece sono previsti, risultano a metà strada tra il delirante ed il grottesco; in secondo luogo, la vuotaggine della personalità di Naima è colmata solo da eccessi di sensualità e mistero che non contribuiscono affatto a far comprendere il suo personaggio, ma che lo rendono a tratti addirittura irritante. Così come è letteralmente insostenibile una delle ultime sequenze, quella della trance, così lunga ed inconcludente che neppure la suggestività della scena, che è stata girata durante una vera cerimonia della confraternita Sufi, riesce a distogliere lo spettatore da un unico pensiero: ma quando finisce?
Le sole due cose positive del film, a quanto pare, sono le riprese e le musiche. Le prime colpiscono immediatamente perché sono ricercate, insolite, interessanti: il punto di vista della macchina da presa, infatti, è spesso quello dal basso (dunque inconsueto per l'uomo, ma anche per il cinema usuale) ed i pochi, lunghi piani-sequenza assumono quasi sempre un andamento sinusoidale dai risultati vagamente onirici. La colonna sonora, poi, è costituita da un intreccio di lingue, culture, sonorità e sfumature diverse ma tutte molto intense e coinvolgenti e, soprattutto, tutti i brani sono sottotitolati per evitare il rischio che il senso anche delle parole, oltre che della musica, vada perso o non completamente interiorizzato.
Sembra chiaro che, da quanto descritto fin qui, se anche "Exils" è forte di un prestigioso premio a Cannes non può proprio definirsi "un film da non perdere". E ammettiamo pure che la sottoscritta d'un tratto non ci capisca più niente di cinema, o magari non ne abbia mai veramente capito, ma una cosa è certa: si è trovata davvero poche volte a dover combattere, alla fine di un film, con un fastidioso e divampante sentimento di stizza.

Laura Spina

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