El abrazo partido
L'abbraccio perduto da Ariel, trentenne ragazzo argentino di origine polacca (la sua famiglia ebrea è emigrata in Argentina per sfuggire alla persecuzione nazista), è quello del padre, andato via di casa, dopo la circoncisione del figlio, per combattere una guerra in Israele e non più tornato. In questo vuoto di affetto e protezione paterna il ragazzo riversa tutte le sue debolezze e tutte le sue insicurezze che crede di colmare chiedendo la cittadinanza polacca o cercando certezze in un rapporto sentimentale che tutto gli può dare tranne che sicurezza e chiarezza. Da questa assenza scaturiscono le sue riflessioni sulla vita e sulle persone che lo circondano: una madre che trova consolazione nella danza, un fratello che, da buon ebreo, ha il pallino per il commercio, un amico sessuomane che si innamora di una lituana che oltre ad essere bella lo renderà "europeo" sposandola. Una galleria di maschere disegnate con genialità che galleggiano in un microuniverso rappresentato dalla Galleria dove Ariel lavora con la madre in un negozio di biancheria intima. Qui, Ariel, costruisce il suo ambiente ideale, tesse un bozzolo, leggero e delicato però, che il primo soffio di vento, come ad esempio un inaspettato ritorno, può far volare via come una piuma. Ma dietro un abbraccio perduto può esserci un abbraccio ritrovato e soprattutto, la verità non è quella che si è sempre pensata da una vita...
Il quarto film di Daniel Burman - vincitore dell'Orso d'argento a Berlino 2004 - è un'opera che brilla per equilibrio ed originalità in ogni sua componente. Il soggetto racconta una storia forte e significativa, lo script la alleggerisce con dialoghi piacevoli ed ironicamente commoventi. Burman, che è anche l'autore della storia, la gira con riprese mosse, scandite dal tormentato girovagare della camera a mano che insegue i personaggi ora tallonandoli ora perdendoli di vista. Film narrato a balzi, costellato dagli intermittenti duetti tra i personaggi che impreziosiscono la pellicola con scambi di battute folgoranti e monologhi deliziosi ("I nipotini sono un regalo che Dio ci fa per non aver ucciso i nostri figli", ne è un esempio).
Personaggi magnificamente interpretati da un cast di attori di prim'ordine tra i quali spicca il protagonista (Daniel Hendler), peraltro anche lui premiato a Berlino come miglior attore. Ottimo lavoro il suo, disegna il suo personaggio oscillando sul pericoloso confine tra l'ironico ed il drammatico mantenendo una giusta misura di entrambe le categorie e riuscendo, alla fine, a conquistare lo spettatore coinvolgendolo nel suo dilemma interiore.
"El abrazo partido", oltre ad essere un film delizioso ed intelligente, decisamente da non perdere, è anche un omaggio al nostro cinema del quale viene più volte citato, quale paradigma esistenziale del nostro eroe Ariel, il film "I Girasoli" di De Sica con Mastroianni e la Loren che Ariel guarderà, ossessionato dal bisogno di capire le motivazioni di un abbraccio perduto...

Daniele Sesti

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