Bye Bye Berlusconi!
A chi pensava che Berlino fosse un rifugio lontano dall'onnipresenza mediatica del nostro Presidente del Consiglio, la Berlinale ha riservato una sorpresa, l'attesissimo "Bye Bye Berlusconi", pellicola che se mai dovesse trovare un distributore italiano dovrà optare per un più semplice "Ciao Topolino".
Girato quasi interamente a Genova per mano del teutonico Ian Henrik Stahlberg, il film è una farsa grottesca che gioca allo sdoppiamento: da un lato la vicenda narrata, dall'altro la realtà di tutti i giorni di cast & troupe alle prese con un'opera così osteggiata.

Intrighi, accuse, un rapimento eccellente e persino un processo con insindacabile e 'democratico' giudizio del popolo di internet. La vicenda è quella di una sgangherata banda di malviventi che esasperata dalla presenza di Topolino, corrotto e ricchissimo leader di Topolonia nonché proprietario della pessima rete Anguria, rapisce il politico per destinarlo prima alla cattività e solo dopo, in dubbio su che fare con il prigioniero che non accenna pentimento, lo sottopone ad un tribunale 'popolare' desideroso di infliggergli quasi cent'anni a forza di click.
Girato con pochi mezzi, in equilibrio tra il dramma che rimanda a fatti quali il rapimento Moro e la satira che sbeffeggia, "Bye Bye Berlusconi" è irridente e coraggioso sebbene non sia sempre chiaro dove voglia andare a parare. La vecchia massima che s'interroga se sia giusto o meno uccidere il tiranno lo nobilita, ma non basta a trasformare in un film riuscito tanta buona volontà. Tra una regia assente e trovate scontate - la critica alla televisione 'trash' e il popolino che vi s'addormenta dinnanzi - viene da chiedersi quale sia l'intento più o meno nascosto di un film che non decolla mai. E lo sbeffeggio finale viene dal protagonista, Maurizio Antonini che con il Cavaliere condivide una grande somiglianza, tanto da esser fermato per strada da complimenti e improperi, e le ferree idee politiche.

La frase: "Nella realtà non è facile fare un processo al nostro Presidente del Consiglio, ma nella finzione è impossibile".

Valentina Pieraccini

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