Ladri di Cadaveri - Burke and Hare
"Questa è una storia vera (tranne che per le parti che non lo sono)".
Apre immediatamente all’insegna dell’ironia il lungometraggio che segna il ritorno al grande schermo per John Landis, regista di "The blues brothers" (1980) e "Una poltrona per due" (1983), a dodici anni dal thriller "Delitto imperfetto" (1998).
Con Simon Pegg ("L’alba dei morti dementi") e Andy Serkis ("Il Signore degli anelli-Le due torri") a fare da protagonisti, il resoconto delle macabre gesta di William Burke e William Hare, già raccontate su pellicola in titoli quali "Le jene di Edimburgo" (1960) di John Gilling e "Burke and Hare-Mercanti di carne umana" (1971) di Vernon Sewell, i quali, nel tentativo di sbarcare il lunario nella Edimburgo del XIX secolo, scoprono una nuova grossa fonte di profitti in seguito all’ennesima impresa commerciale fallita e all’improvviso decesso del loro inquilino, che avrebbe dovuto pagargli l’affitto proprio nel giorno della sua morte.
I due, infatti, trovandosi nella città che rappresenta il centro dell’universo della ricerca medica, quindi dove non poche sono le salme di cui necessitano i dottori per le loro lezioni di anatomia, intuiscono che un cadavere può fruttare una bella somma e, quando il Re annuncia che consegnerà il prestigioso Sigillo Reale e un allettante premio in denaro a chiunque compirà il maggior progresso nel campo della medicina, si trasformano nei principali fornitori di "materia prima" sia per il tradizionalista dottor Monroe, interpretato da Tom Wilkinson ("L’uomo nell’ombra"), che per il suo rivale Knox, con le fattezze di Tim Curry ("The rocky horror picture show").
Quindi, con la brava Isla Fisher ("I love shopping") nel ruolo di Ginny, bella e vivace attrice che, in cerca di finanziamenti per una produzione tutta al femminile del "Macbeth" di Shakespeare, fa perdere la testa a Burke, è soprattutto la galleria di azzeccatissimi volti a rappresentare uno dei maggiori punti di forza del film di Landis, ulteriormente impreziosito dall’ottima fotografia di John Mathieson ("Le crociate").
Fotografia che, unita allo splendido connubio di scenografie e costumi, finisce non poco per rievocare le atmosfere dei vecchi horror sfornati dalla Hammer, casa di produzione inglese che portò al successo, nei panni di Dracula, proprio il Christopher Lee qui presente in un piccolo ruolo.
Mentre, tra una gag che vede coinvolti perfino i letterati Wordswoth e Coleridge ed altre basate sui goffi tentativi di omicidio attuati dai due protagonisti, i quali arrivano ad attirare addirittura l’attenzione di un signore del crimine locale, si ride a sufficienza, efficacemente rapiti da una veloce commedia nera che, pur non rientrando tra le maggiori vette raggiunte dall’autore di "Un lupo mannaro americano a Londra" (1981), non delude e risulta ben diretta, incarnando tranquillamente le fattezze di ennesima allegoria su celluloide relativa alla crisi.

La frase: "Il fatto è che a nessuno piace avere a che fare con i cadaveri".

Francesco Lomuscio

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