Bride Wars - La mia migliore nemica
La bionda è Liv, avvocato di successo con le fattezze di Kate Hudson ("Quasi famosi") abituata a ottenere ciò che vuole dalla vita, mentre la bruna è Emma, insegnante interpretata da Anne Hathaway ("Il diavolo veste Prada") che si è sempre presa cura degli altri ma non altrettanto di se stessa.
Amiche del cuore, hanno pianificato nei minimi dettagli fin dall’infanzia i rispettivi matrimoni, senza immaginare di entrare letteralmente in guerra dal momento in cui, a causa di un errore, le date delle loro cerimonie presso il lussuosissimo Plaza Hotel finiscono per sovrapporsi.
Con la veterana Candice Bergen ("Il vento e il leone") nei panni dell’invadente pianificatrice di matrimoni Marion St. Claire, abituata a un universo fatto di torte a tre piani, pile di riviste dedicate al giorno più importante per la coppia e abiti da sposa di sarti celebri, prende quindi il via un conflitto di pura follia pre-nuziale targato 20th Century-Fox il cui titolo rimanda inevitabilmente alla saga fantascientifica di "Star wars", cavallo di battaglia della major a stelle e strisce.
Conflitto che, tempestato di dispetti al vetriolo degni di "Amici miei", tra tinte bluastre per capelli e accentuate abbronzature fuori programma, punta in realtà sui legami particolarmente speciali nell’intento di ribadire l’importanza della persona che nella vita ci è stata accanto fin dall’inizio, l’unica che veramente ci conosce bene.
Ma lo fa attraverso una sceneggiatura costruita in maniera sconcertante su triti e ritriti luoghi comuni, tanto che, per quanto il regista Gary Winick cerchi di rendere frizzante la narrazione aiutandosi anche con una nutrita colonna sonora che spazia da "This will be (an everlasting love)" di Natalie Cole a "Dream" di Priscilla Ahn, si rimane dalle parti dell’assoluta banalità dominata dalle due protagoniste, continuamente alle prese con odiosi strilletti isterici che non le rendono poi tanto diverse dall’altrettanto odioso quartetto in gonnella di "Sex and the city".
Ci si chiede solo come sia possibile che l’autore del delizioso "30 anni in un secondo" (2004) sfoggi una mediocre filmografia che, iniziata con il pessimo thriller "Curfew-Ora di sangue" (1989), ha accumulato nel tempo irrilevanti lavori del calibro di "Tadpole-Un giovane seduttore a New York" (2002) e "La tela di Carlotta" (2006), fino ad arrivare a quella che in fatto di brutte commedie nuziali al femminile fa il paio con "27 volte in bianco" (2008) di Anne Fletcher.

La frase: "E’ così faticoso cercare di essere perfetta continuamente".

Francesco Lomuscio

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